I ritratti al vetriolo degli assessori imbarcati dall'ex sindaco quando scaricò Sel e la sinistra, le critiche a Renzi che non ama Roma e giudizi critici verso i candidati alle comunali della Capitale

Continua il balletto di Ignazio Marino che non dice «mi candido» ma neanche «non mi candido» e neanche «sostengo Tizio» o fosse pure «sostengo Caio». Dice Marino che non è lui che fare il balletto ma che è la stampa a suonare la musica, rimuovendo però che lui ha realmente incontrato più volte esponenti della sinistra più varia, compreso Massimo Bray il cui nome continua a girare con insistenza. E che ha incontrato tutti nel suo salotto.

Non dà neanche particolari giudizi sugli altri candidati, salvo dire che nessuno gli sembra degno di una capitale del G7, che dai 5 stelle «non ci si deve far ingannare», e salvo storpiare in un lapsus perfetto il nome di Giachetti in Riccardo. Ignazio Marino nel presentare la sua fatica letteraria (Un marziano a Roma, Feltrinelli) ripete gli ormai consueti attacchi al Pd, da Matteo Renzi in giù.

«Evidentemente il nostro capo del Governo non ama Roma», dice Marino, che nel libro ricostruisce ad esempio gli incontri avuti in ministero in cerca di finanziamenti per alcuni cantieri e per il Giubileo, finanziamenti mai arrivati, fino all’arrivo del commissario Tronca, fino alla cacciata del sindaco indesiderato. È però su Matteo Orfini che il saggio di Marino regala i passaggi più divertenti. Non risparmia stoccate, il marziano, che mentre Orfini nel salotto di casa sua apriva ufficialmente la crisi con il Pd, all’inizio dell’estate, dice che non riusciva a pensare ad altro che al fatto che il suo interlocutore fosse uno senza laurea, che avesse lasciato l’università per «vivere di sola politica».

Snobismo dell’antipolitico, è quello di Marino, ma non solo. Il libro è ricco di aneddoti, di giudizi purtroppo tardivi su assessori e consiglieri. Le sigarette di Fabrizio Panecaldo fumate al chiuso in una sala con un importante arazzo, «rovinato dal fumo», le scenate di Mirko Coratti, presidente del consiglio poi travolto da Mafia Capitale. Giudizi tardivi però, dicevamo, come tardivo è il giudizio su Stefano Esposito e Marco Causi, assessori inviati da Renzi in occasione di un primo rimpasto: «Non mi aspettavo fossero dei sabotatori», dice Marino che in quell’occasione accompagnò anche fuori dalla maggioranza Sel e la sinistra. Solo oggi, di Causi, Marino nota come fosse stato protagonista della stagione di Veltroni, già assessore al bilancio, o meglio all’enorme debito. Solo oggi di Esposito si notano le prodezze contro i No Tav. Quando i due arrivarono in Campidoglio erano invece «una risorsa».