Questo editoriale lo trovi sul n. 14 di Left in edicola dal 2 aprile
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[su_divider text=" " style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]Ormai è chiaro che contro questi terroristi islamici – per niente invincibili – polizie e servizi segreti belgi e francesi hanno combinato più disastri di quanto non si potesse mai immaginare.
È chiaro – lo dice a Left il leader del Partito democratico curdo Demirtas – che l’accordo voluto dalla Merkel con la Turchia di Erdogan è un “baratto” e un “tradimento” dell’idea di una Europa fondata sui diritti e sulle libertà. Né riuscirà ad alleviare l’emergenza migranti, i quali troveranno altre strade, magari quelle che passano per l’Italia.
Ormai in molti, dotti e potenti, ammettono sia pure a mezza voce che nemmeno la cura da cavallo decisa da Draghi e dalla Bce riuscirà a dar tono all’aumento dei prezzi, sconfiggendo il fantasma della deflazione. Mentre è un luogo comune – quanto all’analisi, perché non si prova a porvi rimedio – che le politiche del rigore tedesco, dei compiti a casa imposti ai Paesi che hanno un debito elevato o una crisi ancora così grave da dover ricorrere a deficit di bilancio, non riusciranno a smuovere gli indicatori di una ripresa che resta balbettante e instabile.
È chiaro altresì – e lo conferma oltre Oceano anche la tenuta di Sanders (con il passerotto che si ferma sul suo leggio) di fronte al panzer Clinton – che il ceto medio non crede più che il sogno degli anni 60 si possa ripetere solo affidandosi alle leggi del mercato. La middle class si sente vittima della crescente sperequazione sociale e teme l’arrivo di forza lavoro – i migranti – disposta a lavorare quasi sempre e per quasi niente. Hollande e Renzi promettono la ripresona, ma in troppi cominciano a dubitare che arrivi.
Ed è purtroppo ormai chiaro che affidarci a decisori, tecnici o politici super realisti, delegargli ogni cosa perché tutto decidano, sta mettendo in crisi quella bella idea democratica, che ra nata ad Atene, scritta nel Manifesto di Ventotene e avrebbe dovuto – ma non lo ha fatto – ispirare la Costituzione reale dell’Unione Europea.
Dunque è tempo di fare un passo indietro, di sottrarci un momento prima che le rovine e i detriti d’Europa ci caschino addosso? No, dicono a Left Luciana Castellina e Luigi De Magistris. Non si risponde alla mondializzazione, che con la sua velocità travolge le pratiche lente della democrazia, ritornando agli Stati nazione.
Ai confini d’Europa, poi, in Turchia come nel campo profughi di Idomeni o nella Lampedusa di Fuocoammare, si chiede non meno Europa ma un’Europa che provi a essere quello che diceva avrebbe dovuto essere. Eutopia, dice la nostra Iaccarino. La terra, ricorda Castellina, dove la storia ha condensato più diritti, libertà, cultura.
Di quei diritti, di quelle libertà, della cultura, antica e moderna, dell’Europa, il mondo oggi ha bisogno. Dal Brasile che si confronta con corruzione e recessione alla Cina costretta a rallentare i ritmi della sua crescita per non esplodere. Dall’Iran che non vuole chiudersi nel velo nero imposto dagli Hajatollah all’Africa che sa di poter essere il continente del futuro, ma ha bisogno che qualcuno creda nel futuro.
Prendiamo l’emergenza numero uno. Il terrorismo kamikaze. Farhad Khosrokovar spiega chi sono, Franco Cardini i loro legame col Califfo, l’uno e l’altro ci invitano a non rinunciare a un solo diritto, a una libertà, né tantomeno all’idea di Europa, se davvero vogliamo batterli.
E allora? Eutopia sia. La fondazione di Asimov, contro l’impero del male. Proviamoci.
Questo editoriale lo trovi sul n. 14 di Left in edicola dal 2 aprile