Non c'è bisogno di immergersi nel deep web per comprare armi da guerra. Uno studio e un'inchiesta del New York Times rivelano come diverse pagine sul social network offrano mitra e sistemi anticarro in Libia - ma anche in Siria, Iraq, Yemen

Amico terrorista vuoi comprare un kalashnikov? Iscriviti al social network più grande che c’è. Da quando, un anno fa Facebook ha introdotto una modalità di pagamento nel suo servizio Messenger e altre funzioni che consentono di effettuare acquisti direttamente dalle pagine del social capita infatti che persone interessate a vendere e comprare armi da guerra lo facciano tramite le pagine del social network.

Questo è quanto verificato da uno studio di Armed research Service sul commercio di armi online in Libia e ulteriormente provato dal New York Times, che dopo aver visionato la ricerca ha condotto indagini ulteriori, passando a Facebook gli indirizzi di sette pagine dove era possibile comprare armi. Si tratta di armi che nella maggior parte dei casi sono quelle tipicamente usate da gruppi di terroristi e guerriglia e, pagine così, ne esistono per altri Paesi dove si combatte e sono attivi gruppi armati non regolari. Le pagine sono state rimosse dal social network, ma il paradosso rimane: La ricerca di Ares ha documentato tra i 250 e i 300 post al mese su pagine e siti libici e gli scambi avvenuti che i ricercatori sono riusciti a documentare sono 6mila. Tra le armi vendute anche quelle finite nelle mani di signori della guerra o gruppi islamisti in occasione della presa di qualche deposito e, scrive il New York Times, anche armi fornite dal Pentagono all’esercito iracheno.

Il costo delle armi è tra i 2200 e i 7mila dollari, segno, dicono i ricercatori, che c’è una domanda piuttosto alta.

Non tutte le armi finiscono nelle mani di gruppi armati: la Libia è un posto pericoloso e molte persone normali – dicono i ricercatori – comprano pistole per difendersi da furti d’auto e altro. Il paradosso è che possano farlo su Facebook.

Christine Chen, portavoce di Facebook, ha detto al quotidiano di New York che la società conta sui quasi 1,6 miliardi di persone che visitano il sito ogni mese perché segnalino casi come questo. «Esortiamo chiunque vede le violazioni a segnalarcele». Un po’ debole come risposta: le ricerche segnalano che le pagine-mercato sono state in piedi per mesi ed hanno raccolto migliaia di aderenti.

Dove sta il paradosso? Probabilmente nel fatto che il social network nasce in un Paese dove la vendita di armi e la discussione sulle armi è una cosa normale. Per questo, oltre alla colossale difficoltà di controllare miliardi di post ogni giorno – difficoltà che vale anche per altri network e siti di compra vendita come ebay – Facebook non banna e non censura pagine relative alle armi.

Le discussioni sulle armi, gli amanti della caccia o i deliri degli iscritti alla National rifle association, la lobby delle armi Usa, sono ammesse. Il che lascia spazio a enormi ambiguità. Non ammetterle significherebbe però un guaio per il social network che rischierebbe di perdere una fetta di pubblico e molto traffico – almeno quello americano. La pagina NRA ha più di 4 milioni di like, ma cercando fire arms su FB ci si trova davanti a centinaia di pagine, dalle armerie che promuovono i loro prodotti, a pagnie di discussione. Insomma, la vendita di armi da fuoco e ordigni da guerra è un frammento di quanto succede attorno al mondo di mira e fucili sul network di Zuckerberg. E nessuno sembra intenzionato a cambiare questa policy. Se poi qui e la c’è un terrorista che compra un mitra, ce ne faremo una ragione.