Dopo il più duro dibattito Tv tra i candidati democratici, Sanders parte per Roma. Le ragioni del suo viaggio sono ideali - con Bergoglio condivide diverse cose - ma anche di calcolo politico. Gli serve un incontro di alto profilo. E poi ci sono i numeri degli elettori cattolici negli Stati che votano nei prossimi giorni

Dopo uno scambio piuttosto duro, il più duro, con Hillary Clinton nel dibattito Tv che precede le primarie di New York (e poi Pennsylvania e altri Stati il 26), Bernie Sanders oggi sarà in Vaticano. Ci sono diverse ragioni per fermare la campagna elettorale e fare questa visita lampo.

Cosa è successo al dibattito di stanotte?

Che sul ring, come al solito, Hillary tende a essere più brava e preparata e che, ancora una volta, Bernie ha argomenti capaci di mettere l’ex Segretario di Stato in difficoltà. Sui soldi presi per parlare ai convegni organizzati dalle grandi banche Clinton non ha nulla da rispondere se non che il suo curriculum mostra come non si sia mai fatta influenzare dalla relazione con la finanza. Vero solo in parte: negli anni d’oro dei Clinton le banche e Wall Street non erano viste come il male assoluto e le politiche nei loro confronti piuttosto accondiscendenti (ho sbagliato, disse Clinton qualche anno fa). Hillary ribatte sulle armi e qui, Bernie, scivola difendendo il venditore di armi. La differenza cruciale è che in un caso il sospetto di una relazione con la lobby è credibile, nel secondo si tratta di vezzeggiare un elettorato che Sanders sa poter essere suo e a cui le armi un pochino piacciono. Il risultato è uno scontro duro che, è la prima volta che c’è questo clima dall’inizio delle primarie, divide un po’ il partito.

Perché Bernie va in Vaticano?

Ci sono diverse cose che uniscono il candidato democratico e Bergoglio, le ha elencate Sanders in un’intervista a Repubblica e si mettono in fila facilmente: cambiamento climatico, necessità di creare un’economia più attenta agli ultimi (come direbbe la Chiesa) e la riforma dell’immigrazione – milioni di ispanici senza diritti negli Stati Uniti per i quali la Chiesa è in prima fila da anni, anche organizzando grandi manifestazioni. C’è insomma un’intesa di Sanders con una figura importante del panorama politico mondiale e al senatore del Vermont, che fino a ieri era uno sconosciuto, un appuntamento internazionale di alto profilo serve per darsi un’immagine di candidato serio e credibile. Se c’è un gap con Clinton è proprio quello, la mancanza di relazioni. Partecipare a un convegno non cambia le cose, ma aiuta, tanto più che si tratta di un appuntamento con un programma importante.

I numeri dei cattolici

Il secondo aspetto è più da calcolatrice. Il voto di New York è cruciale per Sanders: se rimarrà incollato a Clinton anche in questa occasione, continuerà la sua corsa credibile e per Hillary saranno ancora mal di testa. La settimana dopo si vota in una serie di Stati del New England, oltre che in Pennsylvania. Bene, tutti questi Stati, pur con composizioni demografiche non identiche, hanno una caratteristica in comune: l’alto numero di elettori cattolici. Nel New York State sono sei milioni su circa 20 milioni di abitanti, in Pennsylvania il 30% della popolazione, in Connecticut un terzo della popolazione e in Rhode Island il 43%. Il premio più grande, quello di NY, è cruciale per Bernie e sommare ai giovani di sinistra di New York City, un po’ di voto cattolico bianco e ispanico, potrebbe essere determinante. Una foto opportunity con Bergoglio due giorni prima del voto, è uno spot importante.

Il dibattito Tv nella sintesi di tre minuti del Washington Post