Presentato il secondo rapporto della commissione internazionale che ha indagato sulla scomparsa degli studenti a Iguala. Il resoconto di una notte di terrore e la certezza che la polizia ha partecipato alla strage e che il governo federale ha attivamente depistato le indagini

Se c’è una certezza nella tragica vicenda che ha visto la sparizione – e probabilmente la morte – di 43 studenti a Iguala, in Messico, è che il governo ha partecipato attivamente a depistare le indagini. La seconda certezza è che nella fossa comune che contiene i resti carbonizzati di 17 persone identificata dagli investigatori messicani a Cocula non ci sono i corpi di quegli studenti – il che getta un ulteriore luce sinistra sul Messico, dove si trovano fosse comuni contenenti persone che non si sa da dove vengano. Queste sono le conclusioni del gruppo di esperti internazionali incaricati di rivedere tutti i fascicoli e ascoltare le testimonianze relative alla sparizione. Le responsabilità, secondo gli esperti, arrivano fino al vertice della Capitale federale, non sono depistaggi di politici e polizia locale, è il governo del presidente Enrique Pena Neto ad essere chiamato in causa.

La notizia risale a domenica, ma vale la pena di riprenderla: nella loro relazione finale gli esperti respingono in maniera secca le conclusioni delle indagini ufficiali. «I ritardi nella raccolta delle prove che avrebbero potuto essere utilizzate per indirizzare le indagini si traducono in un incentivo all’impunità» si legge nella relazione degli esperti incaricati dalla Commissione Inter-Americana per i Diritti Umani (CIDH).

Le testimonianze raccolte parlano di una notte di terrore, di un assalto dei mezzi della polizia agli autobus degli studenti che avevano partecipato a una manifestazione di protesta e di minacce da parte della polizia: «Vi ammazziamo tutti, dicevano» racconta uno degli autisti a cui è stata puntata una pistola al petto. Gli studenti sono stati caricati su mezzi militari sotto lo sguardo vigile di poliziotti statali e federali e dopo di allora nessuno li ha più visti. Ma i loro telefoni sono rimasti attivi per ore o, in alcuni casi, per giorni.

Gli studenti avevano dirottato una serie di autobus di linea per andare alla manifestazione – un episodio piuttosto comune – ed erano stati inseguiti dalla polizia. Nella notte che è seguita ci sono stati scontri, colpi di arma da fuoco da parte dei poliziotti e anche attacchi ad autobus che viaggiavano sulle stesse strade e che nulla avevano a che vedere con gli studenti. Il conducente e un giocatore di una squadra di calcio dilettantistica sono morti in seguito a spari da parte di un gruppo nel quale si riconoscevano anche divise.

Nelle ore successive in tutta la zona circostante ad Ayotzinapa, da dove erano partiti gli studenti, sono comparsi e scomparsi posti di blocco dai quali partivano colpi di arma da fuoco. Persino una conferenza stampa improvvisata è stata interrotta da due auto i cui occupanti, dopo aver fatto le foto ai presenti, hanno aperto il fuoco. Il corpo di uno studente presente sul luogo e fuggito, è stato ritrovato con muscoli strappati e diverse fratture sul cranio. La sua morte e quella degli altri giovani scomparsi la notte del settembre 2014 continua a essere un’ombra colossale sulle autorità messicane.