L’avrebbe capito anche Donald Trump che a forza di perculare gli altri per questioni minime poi si sarebbe affondati: la deriva che ha imboccato il PD usando la Commissione Antimafia come clava contro il Movimento 5 Stelle convocando la sindaca di Quarto (nemmeno indagata) tanto per alzare un po’ di polvere e distrazione oggi suona ancora più patetica dopo che il presidente campano del PD Stefano Graziano appare in tutta la sua lurida nudità fin dai primi elementi d’indagine. Fermi tutti: prima che qualcuno dica che bisogna aspettare la sentenza di terzo grado colgo subito lo spunto per riprendere le parole di Rosaria Capacchione (già vittime di minacce dai Casalesi insieme a Roberto Saviano) che dice «che il Partito democratico della Campania fosse diventato oggetto di un arrembaggio piratesco da parte di affaristi privi di scrupoli e collusi, è cosa che abbiamo denunciato da molto tempo». Oltre alla giustizia c’è anche l’inopportunità: e che nel PD campano ci siano pochi anticorpi contro il malaffare è una storia stravecchia più di quella di Bertoldo. Insomma il PD che martellava la sindaca di Quarto si trova la dirigenza campana a braccetto con i Casalesi (per collusione o per ignoranza) e oggi fa sorridere rileggere le parole del senatore Mirabelli (componente piddino in commissione) che parlava di Quarto come “quadro preoccupante” e oggi si immola dicendo che il PD “fa molto contro le infiltrazioni”. Mirabelli, tra l’altro, ex penatiano di ferro e consigliere regionale in Lombardia, è commissario dem a Caserta: lui, uno che l’antimafia l’ha studiata cercandola su google. E che ora smentisce la Capacchione. Fantastico.
Ma ho voluto aspettare almeno ventiquattro ore per capire come ne sarebbe uscito lui, il fenomenale turbo Renzi, da una vicenda che sbriciola di colpo tutte le sue arzigogolate pantomime su magistratura, indagini e sentenze; ho aspettato anche di sentire qualche sibilo dall’onnipresente Picierno (sempre pronta a lottare contro la più piccola macchia di mafia sulle camicie degli altri) o perché no De Luca, Gennaro Migliore: insomma uno a caso di questa giovane nidiata di paninari campani arrivati al governo. Niente. Silenzio. I fanfaroni dei problemi degli altri oggi si sono chiusi a chiave nel cesso, come gli adolescenti che fumano di nascosto, in attesa di imbroccare il tweet giusto per riuscire a svignarsela ma non ci sono riusciti. Come succede sempre quando la fanno troppo grossa mandano avanti i pompieri professionisti con il grigissimo Guerini che ha ripetuto tutto il giorno “abbiamo fiducia nella magistratura” che ormai è diventata un po’ la nuova “non c’è più la mezza stagione” in casa PD.
Ma al di là del fatto in sé (i mafiosi fanno patti con chi governa e per questo difficilmente sentirete parlare di concorso esterno per qualche membro del partito dei “separatisti brianzoli” o cose del genere) stupisce che una classe dirigente sia stata talmente stupida da combattere il populismo (come lo chiamano loro) con un populismo se possibile ancora più peloso: utilizzare in politica l’antimafia per screditare l’opposizione è esattamente lo stesso atteggiamento (con gli stessi meccanismi) di cui Renzi ha accusato “certa magistratura”. Ancora una volta le zuffe tra paninari governanti e il resto del mondo hanno trascinato il dibattito nella palude da cui sembra che non si riesca ad uscire. Non sarebbe bastato che oggi Mirabelli (o chi per lui a nome del PD) avesse convocato con la stessa indole i dirigenti democratici campani in commissione antimafia? Perché la Picierno (o gli altri arieti democratici da tastiera) non hanno usato l’abituale verve per chiedere pulizia all’interno del proprio partito? Perché Renzi non ha trovato 140 caratteri arguti per dirci che in Campania si devono azzerare i vertici del partito? Già, perché?
Perché ci vuole il fisico, per fare gli sbruffoni: bisogna avere il coraggio di essere ancora più appuntiti nel vagliare le proprie mancanze, ancora più di quelle degli altri. Bisogna avere lo spessore di cercare la mafia dentro di sé ed estirpare quella, prima ancora di preoccuparsi di quella degli altri. È un po’ come la storia di quel tale e la trave nel proprio occhio. La ricordate? Ecco. In compenso fra qualche giorno li vedrete tutti tronfi a ricordare Pio La Torre: uno che, per dire, faceva pulizia nel proprio partito e per questo non era ben visto da tutti i “compagni”. Questi arriveranno tutti ggiovani e belli a fingere di commemorarlo senza immaginare che La Torre chiedeva spesso e espressamente di “entrare nel vivo delle responsabilità politiche” e lo chiedeva alla politica. Appunto.
Buon giovedì.