Si è aperto nel segno della difesa dei diritti umani e del diritto alla conoscenza e alla libera ricerca il Salone del libro di Torino (12–16 maggio) con un convegno internazionale al campus Einaudi dedicato ai Mukhtafun ai nuovi desaparecidos in Egitto, come in Siria e molti altri Paesi non democratici. Sono intellettuali, scrittori, attivisti politici che i regimi fanno “sparire”, come drammaticamente racconta il caso del giovane ricercatore Giulio Regeni, assassinato dopo lunghe torture. Il suo volto ora campeggia sui muri del Cairo dopo che l’artista egiziano El Teneen l’ha dipinto in un’opera di street art, con accanto la scritta “uno di noi”.
Migliaia di desaparecidos si contano oggi in Messico, dove fare il giornalista è diventato un mestiere in cui si rischia la vita e spesso si muore, come denuncia Paco Ignacio Taibo II che al Lingotto il 14 maggio presenta il suo primo libro, A quattro mani, pubblicato in Italia con la La Nuova Frontiera, la casa editrice romana che ha appena pubblicato Il violento mestiere di scrivere di Rodolfo Walsh , un volume in cui sono raccolti i profondi e lucidi articoli in cui dal 1953 al 1977 lo scrittore e giornalista argentino desaparecido denunciava le condizioni sociali e politiche che portarono al golpe e alla dittatura argentina.
In Iran, non solo sotto il regime teaocratico di Khomeini, e ancora sotto Ahmadinejad, operavano dei veri e propri squadroni della morte che, in accordo con lo Stato, facevano fuori gli intellettuali dissidenti e che lottavano per una legge più laica e giusta. Come racconta il Premio Nobel per la pace Shirin Ebadi nel libro Finché non saremo liberi e che incontrerà il pubblico del Salone il 14 maggio.
L’anno scorso la proposta di fare dell’Arabia Saudita il Paese ospite, scatenò violente polemiche. La scrittrice Paola Caridi , autrice di Arabi invisibili, fu tra le voci critiche più incisive e la direzione del Salone ha accolto molte delle sue obiezioni, tanto che oggi anticipa il Salone con un convegno sui nuovi desaparecidos e ha collaborato all’apertura di numerose finestre sulla complessa galassia del mondo arabo, organizzando incontri al Lingotto con autori, che vanno sotto il titolo “Visioni”.
Il tema del fondamentalismo religioso e del terrorismo, dopo gli attentati in Francia e non solo, sono un tema che ricorre in molti incontri con gli autori. A cominciare da quello con Boualem Sansal che presenta il suo visionario romanzo 2084. La fine del mondo (Neri Pozza, a Torino il 13 maggio) in cui immagina il mondo dominato da una teocrazia islamica. Decisamente meno catastrofista, ma con l’urgenza di comprendere come un ragazzo possa accettare di morire come kamikaze, il marocchino Mahi Binebine ne Il Salto (Rizzoli 14 maggio), rievoca gli attentati di Casablanca del 2oo3, mentre Saleem Haddad, racconta l’oppressione religiosa e politica in un Paese arabo post rivoluzione nel libro Ultimo giorno al Guapa (Edizioni e/o, 13 maggio). E’ una lettera aperta ai terroristi il libro Non ci avrete mai (Rizzoli) della musulmana italiana Chaimaa Fatihi, 23 anni, delegata nazionale dell’Associazione giovani musulmani d’Italia al Forum nazionale giovani. Mentre un maestro del noir come Yasmina Kadra, pseudonimo dello scrittore Mohamed Moulessehoul, presenta il suo romanzo più complesso e maturo, L’attentato (Sellerio). Mentre il grande poeta siriano Adonis parla del suo coraggioso pamphlet Violenza e Islam (Guanda).
Le donne nelle società arabe e musulmane è un altro filo rosso che attraversa l’edizione 2016 del Salone del libro. Ha scritto un romanzo contro i matrimoni combinati Tahar Ben Jelloun che esordisce nella collana La nave di Teseo con il romanzo Matrimonio di piacere. Il salone è entrato in medias res con un intenso dialogo fra Roberta Mazzanti, Lucia Sorbera Francesca Paci sull’eredità lasciata da due grandi autrici scomparse l’anno scorso. Parliamo di un importante approfondimento sul lavoro di due studiose e scrittrici come l’algerina Assia Djebar e la marocchina Fatema Mernissi che ha smascherato l’esotismo dello sguardo occidentale e l’estetizzazione di una dimensione durissima come quella dell’Harem. L’algerina Djebar è stata in prima fila nel fronte di liberazione dell’Algeria e ha scritto romanzi e raccolte di racconti in francese, ma ricchi di echi arabi e berberi. La sua opera letteraria ha ispirato molte battaglie per i diritti delle donne nel mondo arabo e ha fatto crescere una nuova generazione di femministe laiche. Con i suoi studi sul Corano la marocchina Mernissi, che non era religiosa, ha permesso alle praticanti musulmani di rifiutare come non corrette le interpretazioni del Corano più misogine propagandate dai fondamentalisti.
Un altro tema forte è quello di migranti e dei loro diritti negati in Europa. Il ventisettenne Alì Ehsani è fuggito dall’Afghanistan insieme a suo fratello, dopo aver perso i genitori quando aveva otto anni. Rievoca il suo doloroso viaggio animato dalla speranza di un futuro migliore in Stanotte guardiamo le stelle (Feltrinelli). Della tragedia della guerra in esilio e dell’esilio forzato a cui è stata costretta la sua famiglia scrive l’attivista per i diritti umani Shady Hamady nel toccante Esilio dalla Siria» (Add), che segue il suo fortunato esordio La felicità araba. Immagina il viaggio di un giovane che è cresciuto in un ambiente religioso fondamentalista il premio Strega Giuseppe Catozzella ne Il grande futuro (Feltrinelli), dopo il grande successo di Non chiedermi perché non ho paura, in cui raccontava la storia della giovane atleta somala Samia che sognava di raggiungere l’Italia.
Su Left in edicola dal 14 maggio approfondimenti con interviste a talenti emergenti e voci affermate del panorama della letteratura araba