«La vicenda romana impone un chiarimento definitivo sulla prospettiva. Io non vedo complotti, vedo due impianti di cultura politica. Da una parte chi, come me, considera chiusa la fase del centrosinistra. Dall’altra, chi pensa che il nostro destino sia l’alleanza subalterna con il Pd.»: sono le parole di Fassina in una durissima intervista rilasciata ieri al Corriere della Sera. L’estromissione delle liste dalla corsa elettorale per Roma (per un errore formale che rasenta l’autodafé) spinge finalmente l’ex candidato sindaco a dire quello che tutti sapevano ma che nessuno pronunciava: in queste elezioni amministrative (mica solo a Roma) Sinistra Italiana ha mostrato le due anime che la compongono, dilaniata tra chi non riesce a smettere di corteggiare il PD e chi (come Fassina) dal PD ci è uscito per costruire qualcosa.
Difficile quindi immaginare un soggetto unitario: qualcuno aspira a diventare una comoda “componente esterna” utile democratici mentre altri (e la maggioranza degli elettori) hanno provato a interpretare i valori che proprio il PD ha tradito in questi ultimi anni. Due sensi opposti; figurarsi se possono coesistere.
E, attenzione, Roma in realtà è l’esperimento (fallito) riuscito meglio: a Milano il gruppo dirigente di SEL appoggia Sala mentre in molti hanno deciso di puntare su Basilio Rizzo. Dov’è Sinistra Italiana? Bella domanda. E pessima risposta.
Valga intanto ciò che succede anche per tutti coloro che proprio dalle mura di Sinistra Italiana hanno accusato gli altri di non volere “l’unità della sinistra” quando molto più semplicemente (e sommessamente) si sono permessi di notare i troppi rivoli. Le diversità sono la ricchezza della politica, le tortuosità del ragionamento offrono importanti anse di discussione ma per convergere infine bisogna almeno andare tutti nello stesso senso. E combattere Renzi a Roma per poi scodinzolare ai renzini candidati in giro per l’Italia non è un gran trovata. Davvero.
Buon lunedì.