Dopo il tritolo che sarebbe servito per un attentato al Procuratore di Napoli Colangelo la sventagliata di kalashnikov contro Antoci è un altro episodio che preoccupa per violenza

Il Parco dei Nebrodi è la più larga zona protetta della Sicilia. Tra le provincia di Catania, Messina ed Enna abbraccia ventiquattro Comuni e s’impegna a preservare la flora della Sicilia da cartolina, quella che appassiona i turisti e che esercita un richiamo nazionale. In realtà quel parco per qualcuno avrebbe dovuto essere il posto ideale “p’ammucciarisi” e lo sapevano bene i mafiosi che qui per anni hanno latitato protetti dalla vegetazione e dall’incuria e hanno potuto scorrazzare liberamente tra pascoli abusivi, abigeato, furto di macchinari agricoli e macellazione clandestina. Se la mafia ha bisogno di copertura beh, le fronde dei Nebrodi erano l’ambiente perfetto.

Fino all’arrivo di questo ultimo direttore, Giuseppe Antoci, che ha deciso di rendere il Parco dei Nebrodi simbolo di bellezza e di legalità. Antoci (con il sostegno della Regione Sicilia) aveva iniziato un percorso di moralizzazione contro la “mafia dei pascoli” e contro la speculazione dei terreni e la mafia, ovviamente, non aveva gradito: si sono succedute le lettere anonime («finirai scannato tu e crocetta» si leggeva nell’ultima) e le minacce. Fino a ieri notte quando, dopo avere partecipato a una manifestazione, Antoci e la sua scorta sono stati bloccati lungo la strada statale che collega San Fratello a Cesarò, nel messinese, e due uomini armati hanno cominciato a sparare. «All’inizio ho avuto l’impressione che si trattasse di una sassaiola contro la macchina blindata, solo qualche secondo dopo ho capito cosa stesse realmente accadendo» ha dichiarato Antoci, ancora scosso ma per niente intimidito, «è stata una notte drammatica, ma sto bene. Il mio grazie va alla polizia per avermi salvato la vita. Il mio impegno non si ferma e vado avanti». La scorta infatti ha risposto al fuoco e ha messo in fuga i delinquenti.

Subito è arrivata la solidarietà dalla politica a partire dal presidente della Sicilia Rosario Crocetta che ha dichiarato: «L’episodio si lega alla battaglia che con il presidente Antoci stiamo facendo contro la mafia dei pascoli e all’azione di moralizzazione che stiamo portando avanti, che ha già portato a diversi arresti sul territorio. Ora – ha aggiunto Crocetta -occorre rafforzare le misure di sicurezza a favore di Antoci e intensificare l’azione di lotta contro la mafia dei Nebrodi, che pensa ancora di essere potente e immune. Dobbiamo liberare la provincia di Messina dalla mafia dei colletti bianchi e – conclude – da quella che nei territori esercita un potere violento verso i cittadini”. Tutte le forze politiche regionali hanno espresso la loro solidarietà e già oggi il Prefetto di Messina ha convocato una tavolo sulla sicurezza straordinario per valutare eventuali disposizioni. Possibile, attraverso il segretario Civati, ha chiesto anche al governo una maggiore attenzione sulla «battaglia alle mafie di cui, ultimamente, sembra di sentirne solo parlare per ospitate televisive o per polemizzare contro la fiction di turno».

Dopo il tritolo che sarebbe servito per un attentato al Procuratore di Napoli Colangelo la sventagliata di kalashnikov contro Antoci è un altro episodio che preoccupa per violenza. «Non c’è nessun ritorno alla strategia stragista» ha tranquillizzato il Procuratore Antimafia Roberti. Ma l’attenzione è altissima.