Il candidato verde è riuscito ad arginare l'avanzata dell'ultraconservatore Hofen. Il paese è diviso a metà, con un leggero vantaggio della destra. Ma mancano all'appello i voti degli austriaci all'estero. Gli exit poll danno Van del Bellen avanti di circa tremila preferenze

I media si erano concentrati su Norbert Hofer, il candidato xenofobo di estrema destra che con la vittoria al primo turno (35,1%) ha gettato il panico soprattutto tra socialisti e popolari, rimasti fuori dal ballottaggio. A sfidarlo, al secondo turno di ieri, l’outsider Alexander Van der Bellen, il candidato dei Verdi che il 14 aprile ha ottenuto il 21,3% dei consensi. Al netto dei voti espressi per posta, ancora da conteggiare, lo scrutinio vede l’elettorato austriaco diviso in due: il 51,9% ha votato per Hofer, un sostegno giunto prevalentemente nelle aree rurali e montane, mentre a Van der Bellen è andato il 49,1% dei voti, giunti soprattutto dall’elettorato delle aree urbane.

Nella capitale Vienna, dove al primo turno si era affermato il candidato della destra, Van Der Bellen ha ottenuto il 70% dei consensi al ballottaggio. I timori per la vittoria dell’ultradestra hanno anche prodotto un dato record nell’affluenza ai seggi: si è passati, infatti, dal 68,5% del primo turno al 72 del ballottaggio. La corsa alle urne ha premiato il candidato dei Verdi, che alle elezioni si è presentato come indipendente raccogliendo al ballottaggio il sostegno dei big popolari e socialdemocratici, anche se i due partiti – entrambi reduci da un deludente 11% – non hanno ufficializzato l’appoggio.

Alexander Van der Bellen, soprannominato “il candidato gentile”, è nato a Vienna nel 1944 da una famiglia fuggita dalla Russia dopo la Rivoluzione d’ottobre. Il padre era un nobile russo di origine olandese, la madre estone: perseguitati da Stalin, si sono rifugiati prima a Vienna e poi nel Tirolo, dove “Sacha” (questo il soprannome del candidato presidente) è cresciuto. Ha iniziato la sua carriere di docente universitario alla facoltà di Economia di Innsbruck, mentre quella politica è iniziata negli anni Ottanta a Vienna (dove è stato anche ordinario di Economia), prima nel partito socialdemocratico (Spo) e poi nei Grunen, di cui è stato portavoce federale dal 1997 al 2008.

Parlamentare e poi consigliere comunale a Vienna fino al 2015, il professore ecologista, appassionato di auto e schierato da sempre contro il Ttip così come contro le politiche migratorie di Vienna, ha ammesso di aver fatto parte per un breve periodo della massoneria. Poche settimane prima di candidarsi alla presidenza come indipendente, un anno fa, ha sposato in seconde nozze la parlamentare verde Doris Schmidauer, sua compagna di lungo corso. L’ex leader dei verdi ha sostenuto, in campagna elettorale, che a confrontarsi sono il suo stile “cooperativo” e quello autoritario dell’avversario.

Chiuse le urne dei ballottaggi, Van der Bellen e Hofer si sono stretti la mano davanti alle telecamere. Il candidato del Partito delle libertà si è detto certo di uscire vincitore anche dopo lo scrutinio dei voti mancanti e soddisfatto perché «gli austriaci hanno dimostrato di scegliere liberamente chi votare». L’avversario verde ha invece sottolineato le differenze tra i due, soprattutto in relazione all’antieuropeismo dell’ultraconservatore, ma ha anche invocato un confronto disteso tra i due schieramenti dopo il voto, anche per ragionare di economia e lavoro.

Davanti alla crisi economica e allo spettro delle migrazioni, dicono i sondaggi, i partiti che avevano rappresentato stabilità e sicurezza fino a qualche anno fa non rappresentano più il sentire del Paese, che così si allontana dal centro e si divide. I più pessimisti e meno colti scelgono Hofer, i più ottimisti e istruiti puntano su Van der Bellen. A dire l’ultima parola saranno ora i voti per posta espressi da 885mila cittadini austriaci, che su un totale di 6,3 milioni di aventi diritto al voto possono fare la differenza tra il nero Hofen e il verde Van der Bellen. Gli exit poll danno avanti di circa tremila voti Van der Bellen, che diventerebbe così presidente grazie agli austriaci all’estero, tradizionalmente più attenti all’immagine internazionale del Paese.