Alla fine in Austria ha vinto l’ambientalista indipendente Sacha Van der Bellen: aveva bisogno del 60,3% dei voti postali per rimontare lo svantaggio rimediato alle urne. E ce l’ha fatta. È un’ottima notizia, ma il dato del voto austriaco resta inquietante: la metà esatta, meno qualche migliaio, di elettori di un Paese europeo, che non ha conosciuto crisi clamorose, che non è in preda a un’invasione e dove si vive bene – nel senso che il Paese resta ricco e ben organizzato – vota un candidato dell’estrema destra nazionalista.
Già, perché Hofer non è un candidato conservatore qualsiasi. La sua campagna elettorale era centrata sul pericolo invasione (di rifugiati siriani), su questo ha cercato voti. Tra le cose dette dal candidato del FPO c’è l’idea di espellere i musulmani, c’è un commento sull’aumento della diffusione delle armi in Austria, come «conseguenza naturale» dell’aumento dell’immigrazione. Lo stesso ingegnere ed ex guardia di frontiera, ha fatto campagna elettorale girando il Paese armato (c’è una foto sui suoi social, oggi sparita, nella quale lo si vede sparare assieme alla sua famiglia). E la promessa di presentarsi assieme al cancelliere ai vertici europei – oggi il presidente ha un ruolo istituzionale e poco politico – era un brutto segnale dell’idea di democrazia di Hofer: ho il mandato popolare e me ne infischio dei poteri attribuitimi dall’ordine costituzionale.
Un tema caro a Hofer riguarda da vicino l’Italia e non ha a che vedere con la chiusura del Brennero per fermare i flussi di immigrati: durante un comizio del 2015, il leader della destra nazionale austriaca si è detto a favore del ritorno del territorio dell’Alto Adige all’Austria o, almeno, alla necessità di concedere la doppia nazionalità ai cittadini italiani della provincia di Bolzano. Il valore simbolico di una sua elezione sarebbe stato enorme (in negativo).
Il risultato austriaco evidenza un’ulteriore spaccatura: quella tra centro e periferie, tra città, dove i fenomeni sociali sono più intensi ma le diversità già note da tempo, e le zone più remote e isolate, dove la paura aumenta alimentata da vecchi conservatorismi e paure del mondo che cambia (persino il voto per Trump nelle primarie repubblicane ricorda un po’ questa tendenza). La mappa qui sotto ne è una rappresentazione plastica: per Hofer hanno votato tutte le campagne, per Van der Bellen Vienna e le altre aree urbane (l’immagine è relativa ai voti espressi ai seggi, con il voto postale le zone verdi diventano più verdi).
Il fatto che in un Paese come l’Austria la metà della popolazione abbia votato l’estrema destra resta un segnale inquietante ed evidenzia, una volta di più, come lo status quo politico europeo stia andando in pezzi. Del resto, anche il vincitore della corsa all’ultimo voto (3mila la differenza esatta) è un outsider. L’anno prossimo si vota in Olanda e in Francia, due Paesi dove l’estrema destra è molto ben posizionata per ottenere risultati clamorosi – in Francia, un particolar modo.
Il vento populista e nazionale che soffia in Europa è ben riassunto in una infografica pubblicata dal New York Times che sta facendo il giro della rete. I dati sono quelli che abbiamo collocato sulla mappa europea qui sopra: non tutti i partiti sono uguali, i quasi nazisti di Jobbik e dell’SNS Ceco e non sono come la destra francese e men che meno somigliano all’Ukip britannico, alcuni hanno ascendenze fasciste, altri sono nazionalisti, non vogliono immigrati ma sono antifascisti a parole (chi non ricorda le tirate sulla resistenza di Umberto Bossi, la cui Lega?). Insomma, anche la mappa della destra europea è frastagliata, unita solo e soprattutto dalla avversione all’accoglienza dei rifugiati e dall’odio verso Bruxelles. Anche nei Paesi dove la crisi economica non è arrivata in maniera così feroce o dove non si è posto il problema di accogliere rifugiati (la Polonia, ad esempio). Le due crisi di questi anni – dei rifugiati ed economica – hanno alimentato un clima brutto e pericoloso in Europa e le elezioni austriache, che pure sono finite bene, sono qui a ricordarcelo.
Chi è Sacha Van der Bellen, il nuovo presidente austriaco