Giornate difficili in Francia. La mattina del 18 maggio, per esempio, – 79 marzo secondo il calendario del movimento Nuit Debout che parte dal 31 marzo, giorno della prima permanenza in Place de la République di un gruppo di persone che si oppongono alla legge sul lavoro -, la piazza è stata occupata da una manifestazione della polizia organizzata dal sindacato di destra (Alliance) per protestare contro la “haine anti-flic”, l’odio contro la polizia, che sta crescendo in tutto il paese. A sorpresa, la visita di Marion Maréchal Le Pen. La piazza è transennata, presidiata, la stazione della metro chiusa, l’accesso vietato. Ottima scelta! Ovviamente una contro-manifestazione si è tenuta a poca distanza, verso il Canal Saint Martin dove una volante con due poliziotti all’interno è stata presa d’assalto e poi incendiata. Poi, come ogni giorno, si è messo a diluviare (anche la meteo sembra essersi adattata al nuovo calendario) e varie persone sono state arrestate. Dopo la manifestazione della polizia, la piazza è stata riaperta e verso le cinque Nuit Debout era di nuovo debout, in piedi. Il clima sociale sta peggiorando di giorno in giorno. Le manifestazioni ormai sono uno scontro frontale tra due visioni sempre più distanti del modo di gestire il dissenso. L’uso strumentale dello stato d’emergenza sta mostrando i suoi aspetti deleteri. I Crs sono sempre più armati e numerosi, i manifestanti, o almeno una parte di essi, si armano a loro volta per difesa (maschere antigas, bastoni, protezioni per gli occhi in caso di uso – sempre più frequente – dei gas lacrimogeni).
Questi i fatti. Ma cosa si nasconde dietro questo conflitto crescente? È difficile rispondere a questa domanda, anche per i francesi. La Francia ha un estremo bisogno di riforme, eppure la strada per intraprenderle non poteva essere più sbagliata. Ripercorro gli ultimi mesi e non riesco a non pensare che esista un legame tra la tensione crescente e gli attentati. Ci sono due modi per gestire la paura: negarla, allontanarla, soffocarla, oppure guardarla negli occhi e affrontarla. Il governo ha scelto la prima soluzione, senza tuttavia disporre dell’autorevolezza politica necessaria. La sinistra che si mette a fare il gioco della destra si suicida, lasciando soli i suoi elettori. E così la gente sta cercando altro; altre forme di rappresentanza politica, di gestione della democrazia, dell’economia, degli spazi pubblici, della città… Da due mesi non si parla d’altro a Place de la République. Ognuno lo fa a modo suo, scegliendo a quale commissione partecipare, a quale corteo andare, a quale manifestazione partecipare. Ognuno combatte contro il senso di impotenza che la paura ha generato. Ed è questo che, a mio avviso, la polizia ha l’ordine di reprimere. Perché quando le persone si mettono in movimento, escono dalla passività, si incontrano, discutono, si riuniscono, si impegnano, agiscono, diventano una forza dirompente, incontrollabile, che nessun partito, nessun sindacato, nessuna polizia è più in grado di controllare.
È con questo pensiero che osservo ragazzi e ragazze rimontare ogni pomeriggio le tende antipioggia, preparare da mangiare, fare i turni all’infermeria e alla radio, le persone più anziane prendere la parola, ascoltare, chiacchierare, dare consigli. Gli incidenti capitano quando a queste persone non viene data l’opportunità di esprimersi, organizzarsi, mobilitarsi. Non basta più firmare petizioni online, bisogna scendere in piazza. A quanto pare molti francesi lo hanno capito.
Giornate difficili in Francia. La mattina del 18 maggio, per esempio, - 79 marzo secondo il calendario del movimento Nuit Debout che parte dal 31 marzo -, la piazza è stata occupata da una manifestazione della polizia