Mentre a Venezia si sta per aprire la quindicesima edizione della Biennale di architettura diretta da Alejandro Aravena, dal 28 maggio per la prima volta, senza archistar e di forte impronta etica e civile, all’insegna della sostenibilità e del rispetto del territorio, a Rialto arriva a compimento lo scempio del Fondaco dei tedeschi. Lo storico palazzo affrescato da Giorgione, che poi divenuto proprietà delle Poste Italiane e stato ceduto nel 2008 al gruppo Benetton per 53 milioni di euro. Il restauro affidato all’architetto olandese Rem Koolhaas (direttore della Biennale nel 2014) è stato concluso. L’ipotesi era che in quelle storiche sale sorgesse un polo culturale, invece il marchio Duty Free Shop, controllato dal Gruppo Lvmh, ha avuto in affitto l’edificio cinquecentesco.
Il Fondaco di 6800 metri di superficie sarà inaugurato in pompa magna a fine settembre e ospiterà sessanta boutique. A collegare il sotto e il sopra saranno quattro ascensori e la scala mobile chiamata “tappeto rosso” che porta al padiglione vetrato tenuto insieme da 22 mila bulloni. Del progetto inziale resta l’ultimo piano destinato agli eventi… Sul sito Eddyburg diretto dall’urbanista Edoardo Salzano si legge questo amaro commento: «Lo scempio è compiuto e, già dal 29 giugno, visibile. Occorrerebbe affiggere, a memoria dei posteri, una lapide con l’elenco dei protagonisti e dei complici del delitto.
La città e i suoi cittadini e abitanti hanno perduto uno spazio pubblico vitale per decenni, l’umanità un elemento di rilievo del patrimonio storico e artistico della città. In cima alla lista dei carnefici e dei loro complici non ci sarebbe solo quel signore, padrone di Benetton, che un sindaco filosofo definì «un mecenate», ma anche un paio di sindaci della città, la dirigente della soprintendenza ai Beni architettonici e paesaggistici di Venezia, gli architetti che hanno concepito e implementato il progetto, e via enumerando». La situazione di Venezia, nel frattempo, resta fortemente a rischio. Perché non è stato risolto il problema grandi navi che stanno uccidendo la laguna. A questo tema Salvatore Settis ha dedicato unlibro bellissimo quanto indignato, Se Venezia muore (Einaudi, qui l’intervista a Settis). La laguna, denuncia Italia Nostra, è il sito culturale e naturalistico più a rischio d’Europa, sotto l’aggressione congiunta del traffico delle grandi navi in laguna, dell’erosione dei suoi fondali, dell’inquinamento, della pressione turistica.