L’antipolitica di cui tanto parliamo che cos’è? Un pericolo reale per le nostre società o un alibi per l’establishment?
Messa così è un alibi per l’establishment. L’antipolitica è diventata la parola d’ordine per spiegare tutto quello che non è spiegabile, che non è prevedibile o inglobabile.
Quindi da Trump alla destra austriaca di Hofer…
A Corbyn, passando da Podemos, e persino da Fassina – ride -: un uomo d’ordine come Fassina che diventa antipolitica! È una parola chiave, peraltro invalsa da parecchio tempo. In Europa si è cominciato a parlare di antipolitica dopo il 2010, quando comincia la crisi dell’Europa che obbedisce alla Germania. In Italia è entrata nel dibattito politica con quella che io chiamo la democrazia rapita: cioè è arrivata insieme al lungo passaggio tra la crisi di Berlusconi – che ora si può dire che fu un grande complotto – e le successive non elezioni, fino all’arrivo di Renzi.
Pannella se n’è andato. Ha sempre sfidato i partiti, spesso l’opinione corrente, però tutto si può dire di lui tranne che non fosse un politico.
Era un politico-politico. Credo però che non avesse nessuna idea di un discorso di massa. C’erano i cittadini per Pannella, ma non c’era il popolo, non c’era la gente, non c’erano gli elettori, non c’erano i proletari. C’erano solo i cittadini. Pannella aveva un modo molto efficace di andare contro le idee dei partiti ma io credo che nel mondo dei radicali non ci fosse il Paese reale. I diritti sono una cosa bellissima: tutti uguali, una testa un voto. Ma non siamo uguali rispetto alla vita nè rispetto alla nazione. Io, donna borghese, ho lo stesso diritto rispetto all’aborto di una donna proletaria. Ma nella pratica, io donna proletaria ho altri problemi. Per i radicali non c’è la lotta di classe, non c’è il mercato: la divisione tra le classi non è mai entrata nel loro mondo. Ci sono solo i diritti astratti. Ci sono cittadini, ma come entità a-corporale. Per questo, io credo, non hanno avuto mai un successo elettorale, ma solo un grande impatto culturale.
Questo articolo continua sul numero 22 di Left in edicola dal 28 maggio