Anziani e giovani accomunati dallo stesso destino: non possono permettersi le cure né gli uni, 2,4 milioni, né gli altri, 2,2 milioni. E un totale di 11 milioni di persone in Italia – solo quattro anni fa erano 9 milioni – non hanno potuto occuparsi come avrebbero dovuto della propria salute. Lo stato dell’arte della sanità pubblica lo descrive la ricerca Censis-Rbm Assicurazione Salute, presentata a Roma in occasione del Welfare Day.
I soldi non bastano e si rinviano, a volte sine die, visite specialistiche e analisi cliniche. Dati che fanno il paio con quelli sulla flessione dell’attesa di vita e sull’aumento della mortalità per tumore legato a crisi economica e tagli. Chi può si rivolge, invece, ai privati e 7,1 milioni di italiani lo scorso anno hanno fatto ricorso all’intra moenia, soprattutto per non sottostare ai tempi impossibili delle liste d’attesa (nel 66,4% dei casi) ma anche (un altro 30,2%) per comodità di orario.
La quota di ticket, registra il Censis, che ogni persona paga in più al Servizio sanitario nazionale per avere delle prestazioni è di 84 euro arrivando a 569 euro pro capite l’anno contro i 485 del 2013. Aumenta anche – del 3,2% – la spesa sanitaria privata, arrivando a 34,5 miliardi di euro nel 2015. «Sono 10,2 milioni gli italiani che fanno un maggiore ricorso alla sanità privata rispetto al passato, e di questi il 72,6% a causa delle liste d’attesa che nel servizio sanitario pubblico si allungano», ha detto Marco Vecchietti, Amministratore Delegato di Rbm Assicurazione Salute.
Il 52% degli italiani considera inadeguato il servizio sanitario della regione. Per il 45,1% la qualità nella propria regione è peggiorata: lo pensa il 39,4% dei residenti nel Nord-Ovest, il 35,4% nel Nord-Est, il 49% al Centro, il 52,8% al Sud. Per il 41,4% è rimasta inalterata e solo per il 13,5% è migliorata.
5,4 milioni di italiani nell’ultimo anno hanno ricevuto prescrizioni di farmaci, visite o accertamenti diagnostici definiti “inutili”. Ma ciò nonostante la maggioranza (il 51,3%) è contraria a sanzionare i medici per questo motivo e non ha apprezzato (il 64%) il decreto sull’appropriatezza emanato lo scorso anno dal ministro Lorenzin.
Ai dati del Censis si aggiungono le stime, presentate ieri al Senato, della Fondazione Gimbe, che promuove le cure appropriate a fondate sull’evidenza scientifica. Gli sprechi del nostro Servizio sanitario ammonterebbero a 24 miliardi e il sistema non regge, dice il rapporto. Se la spesa continua a questi livelli, il sistema crolla entro dieci anni e, complice l’invecchiamento della popolazione, serviranno 200 miliardi contro i poco più di cento spesi attualmente ogni anno.