Era la “nonna” dei ragazzi di Addio Pizzo. Pina non è stata semplicemente la vedova di Libero Grassi (vittima di mafia e di uno Stato che non riesce troppo spesso a proteggere i suoi uomini) ma era la prosecuzione dello stesso impegno. Pina è Libero Grassi: lo stesso impegno contro il pizzo, lo stesso ostinato ottimismo e la stessa voglia costante di costruire (oltre che credere) a un Paese migliore.
La morte di Pina è una notizia che scuote perché noi avevamo bisogno di lei. Ne avevamo bisogno proprio ora che il movimento antimafia sembra essersi incastrato nelle sue mille invidie e incapace di riacquistare il sorriso. Ecco, il sorriso, di Pina, il sorriso che riusciva a mantenere mentre raccontava di suo marito lasciato solo dai colleghi, il sorriso di quel loro ribellarsi al pizzo per rispetto a sé stessi oltre che per passione delle regole, la gentilezza con cui ripercorreva le fasi di una tragedia diventata un racconto d’amore erano per molti l’antidoto all’imbruttimento è il lascito della famiglia Grassi.
Chi l’ascoltava rimaneva colpito dall’antimafia gentile di lei che raccontava, con gli occhi di un’adolescente dentro quel corpo minuto e consunto, dei suoi “tanti nipoti” (chiamava così i fondatori di Addio Pizzo) e di come ne sarebbe stato orgoglioso Libero. Non c’era mai un’ombra di vendetta e nemmeno un goccio di rivalsa cattiva nel suo comportamento: Pina preferiva usare le parole per il bello, coltivava speranza. Anche l’omicidio di Libero, detto tra lei, non aveva nemmeno l’odore rancido del sangue o della polvere da sparo.
Buon viaggio, Pina.