Il terrorismo del lupo solitario e la guerra culturale contro i diversi a Orlando, Florida. La dinamica della strage del Pulse, locale gay della città, luogo di ritrovo fondato dalla sorella di un ragazzo morto di Aids, ormai la conosciamo: Omar Mateen, guardia giurata, è entrato nel locale ed ha aperto il fuoco con due pistole e un fucile a ripetizione AR-15, un’arma automatica che negli Usa si può comprare anche se non si è un marine destinato alle zone di guerra. Come al Bataclan di Parigi l’arrivo della polizia ha trasformato la situazione in un assedio con ostaggi concluso con l’intervento delle SWAT, le squadre speciali, e la morte del terrorista.
La seconda cosa che sappiamo, è che la strage del Pulse è da annoverare assieme nella categoria degli attacchi terroristici e a un atto di follia. Le informazioni lasciano intendere che Mateen, che pure si è dichiarato fedele all’Isis in una telefonata al 911 prima di compiere la strage, abbia agito da solo. Nel 2013 e 2014 era stato interrogato e scandagliato dall’Fbi per un legame vago con Moner Mohammad Abusalha, il primo kamikaze americano in Siria, che abitava anche lui a Fort Pierce, in Florida. Legame incidentale, avevano concluso le indagini, che pure avevano rivelato che Mateen si fosse spesso lasciato a andare a commenti estremisti e battute filo Isis sul posto di lavoro.
La terza cosa che sappiamo è che Mateen picchiava la moglie. Sitora Yusifiy, ex moglie del terrorista, ha tenuto una specie di conferenza stampa (il video qui sopra) nella quale racconta di essere stata picchiata più volte per motivi futili («Tornava a casa e mi picchiava per cose come non aver fatto la lavatrice») e parla di una «persona instabile e bipolare» ma non particolarmente religiosa. Mateen ha un figlio da una seconda donna, che però non ha commentato la vicenda e che, anche lei sembra averlo lasciato.
Un’immagine di uno dei video caricati sulla pagina Facebook del “governo provvisorio dell’Afghanistan” guidato da Sadique Mateen
Che la strage non abbia a che vedere con la religione lo sostiene il padre di Mateen, Sadiq, che sostiene che tempo fa il figlio si fosse adirato di fronte alla vista di due uomini che si baciavano davanti ai suoi figli. Di Sadiq, invece, sappiamo che conduce una trasmissione su una Tv satellitare afghano-americana durante il quale a volte inneggia ai talebani e a volte parla come se fosse il presidente dell’Afghanistan, insistendo molto sul tema della necessità di cancellare la linea Durand (il confine tra i due Paesi che divide le tribù Pashtun).
Mateen era cresciuto in Florida dopo essere nato a New York, aver finito le scuole e conduceva una vita normale. Lavorava come guardia giurata, aveva una licenza per armi da fuoco – il fucile a ripetizione e le altre armi sono state comprate la scorsa settimana – e passava molto tempo in palestra e in moschea. L’imam parla di un uomo tranquillo che arrivava per le funzioni religiose, pregava e se ne andava. Un frequentatore della moschea ha raccontato a un media locale che Mateen aveva spesso scatti d’ira e voleva diventare poliziotto.
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