La società idrica nazionale israeliana, la Mekorot, ha tagliato le forniture d’acqua a vaste aree della Cisgiordania, un’area a ovest di Israele facente parte dei Territori palestinesi. Decine di migliaia di famiglie palestinesi sono così rimaste senza accesso a fonti di acqua potabile nel delicato periodo del Ramadam, il mese sacro del calendario islamico, in cui la temperatura media della regione si aggira intorno ai 35 gradi centigradi.
A riportare la notizia è Ayman Rabi, direttore esecutivo dell’Ong Palestinian hydrology group, che si occupa di monitorare lo status della sicurezza idrica e di salvaguardare l’accesso dell’acqua nell’area in proporzioni adeguate e qualità accettabili. Rabi ha riferito ad Al Jazeera che in alcuni territori la popolazione non riceve acqua da oltre 40 giorni.
«In mancanza degli approvvigionamenti, le persone acquistano l’acqua a un prezzo maggiore dalle autobotti o dalle cisterne, oppure ricorrono ad altre fonti come le sorgenti presenti sul territorio» sostiene l’esperto, «e le famiglie sono costrette a vivere con pochi litri di acqua pro capite al giorno». E conclude: «In alcune zone si è addirittura cominciato a razionare l’acqua».
In particolare Mekorot avrebbe penalizzato la città di Jenin, l’area vicino Nablus, la città di Salafit e i villaggi circostanti. Secondo alcune fonti, gli approvvigionamenti diretti a Jenin sono stati dimezzati. La città ha oltre 40mila abitanti, e dal 1953 è la sede di un campo profughi internazionale in cui attualmente vivono più di 16mila rifugiati.
Al jazeera ha chiesto chiarimenti a Mekorot, ma la compagnia si è rifiutata di rilasciare dichiarazioni. Il governo Israeliano ha smentito quanto sostenuto dall’Ong.
Dall’occupazione del 1967, Israele limita l’accesso dell’acqua nei Territori palestinesi: da anni le provviste di acqua della West Bank e della striscia di Gaza non arrivano a coprire i 100 litri di acqua pro capite raccomandati dall’Organizzazione mondiale della sanità.
Secondo Amnesty International, Israele utilizza circa l’80% dell’acqua proveniente dalla falda montana, l’unica fonte di acqua potabile che rimane ai palestinesi, incanalando questa risorsa verso i territori occupati dai coloni e verso lo stesso territorio di Israele. Si è inoltre appropriato della quota palestinese del fiume Giordano, con cui ha anche risorse idriche non in comune con i Territori palestinesi. Sempre secondo Amnesty, circa 180-200mila palestinesi che vivono nei villaggi della Cisgiordania non hanno accesso all’acqua corrente, ed i razionamenti sono frequenti, sopratutto durante i mesi estivi.