Un grattacapo per la neosindaca Virginia Raggi, piccolo, ma di grande valore simbolico. Non è certo un problema che riguarda colossi come Atac o Ama, è solo un centro antiviolenza, il Casale Rosa, sede di Sosdonna h24 dalle parti dell’Eur. Ma dal 26 giugno chiuderà i battenti, con tutto quel che ne consegue. Per questo motivo il presidio che si terrà il 24 giugno in Campidoglio (ore 16.30) acquista un significato politico, sociale e culturale.
«Anche perché del problema della violenza contro le donne Virginia Raggi durante la campagna elettorale ne ha molto parlato, ora vedremo quali risposte darà, vogliamo sperare che la sua non sia stata una presa di posizione di circostanza», dice a Left Oria Gargano, presidente di Befree la cooperativa sociale che gestisce il centro di via Grotta Perfetta. La situazione è precipitata il 31 maggio scorso. Sosdonna h24 e il centro Donatella Colasanti e Rosaria Lopez gestiti da Befree, insieme alla Casa Internazionale delle donne gestita da Telefono Rosa e a Il Giardino dei ciliegi del Ceis-Don Picchi sono stati avvisati che i servizi non sarebbero stati prorogati. Questa decisione sarebbe stata presa dal commissario Tronca secondo questa «sconcertante motivazione», si legge in un comunicato di Befree. «Poiché il 20 aprile scorso è stato varato il Decreto legislativo n. 50 (“Attuazione delle direttive 2014/23/Ue, 2014/24/Ue e 2014/25/Ue sull’aggiudicazione dei contratti di concessione e sugli appalti pubblici) il Comune “ha determinato” di non emanare nuovi bandi né di concedere proroghe in mancanza di direttive attuative del decreto stesso». Il fatto che già i fondi per queste strutture fossero stati messi a bilancio non ha influito sulla decisione del commissario Tronca, afferma Befree, che ha lanciato una petizione su Change.org raccogliendo 10mila firme.
Pochi giorni fa, infine, è giunta la notizia della proroga, ma solo per gli altri tre centri residenziali, non per Sosdonna h24, che non è una casa rifugio. «Svolge un ruolo importantissimo: attorno a Sosdonna è stata creata una rete con le istituzioni, gli ospedali, le forze dell’ordine», spiega Oria Gargano. Le cinque operatrici attive tutto il giorno ricevono le richieste di aiuto o di informazioni per risolvere situazioni di donne che vogliono uscire da una spirale di oppressione e di violenza. Ma vengono chiamate anche dagli operatori istituzionali, dai pronti soccorso o dai posti di polizia. «Se all’ospedale Pertini, per esempio, arriva una donna che è stata picchiata, si rivolgono subito noi», sottolinea la presidente di Befree. Sono 1924 le donne – per il 40% straniere – che sono passate da Sosdonna e Casale Rosa è diventato dall’agosto 2014, da quando cioè Sosdonna vi si è trasferito, un centro di «mediazione sociale» anche per il territorio. Vengono realizzati laboratori per bambini, attività e spettacoli che «animano un quartiere dormitorio», dice Gargano.
Adesso il timore è che quell’esperienza possa finire nel nulla, con conseguenze, anche immediate non indifferenti. Per esempio per quanto riguarda la tutela della privacy, nel caso i locali finissero abbandonati a se stessi. «Un problema di cui nessuno parla è che là dentro ci sono documenti, verbali, materiale “sensibile” sui dati delle donne che sono state accolte», fa notare la presidente di Befree. La sindaca Raggi è invitata da Befree a dare risposte, con urgenza.