Non pochi analisti in questi giorni hanno addossato la mancata spallata - non chiamiamola sconfitta - alla confluencia. Ma Pablo Iglesias, subito dopo i risultati elettorali in Spagna, lo ha detto inequivocabilmente: i risultati non sono quelli che speravamo, e l'alleanza con Izquierda unida resta in piedi

Pablo Iglesias, subito dopo i risultati elettorali in Spagna, lo ha detto inequivocabilmente: i risultati non sono quelli che speravamo, e l’alleanza con Izquierda unida resta in piedi. Non pochi analisti in questi giorni hanno addossato la mancata spallata – non chiamiamola sconfitta – alla confluencia, ovvero alla scelta di Podemos di allearsi con Izquierda unida in quel fronte che ha preso il nome di Unidos Podemos e si è attestato come terza forza politica della Spagna. Dentro Podemos la discussione sembra essere animata, ne seguiremo gli sviluppi. Le possibilità di governare per il fronte del cambiamento svaniscono, mentre gli spagnoli si rifugiano nel “vecchio Rajoy” e premiano il Partito popolare e con esso l’Europa dell’austerità. Intanto, sulle spalle dei socialisti di Sanchez il peso della scelta: larghe intese e governo di unità nazionale o tornare nuovamente al voto? Il dibattito in Spagna prosegue. Nei giorni scorsi avevamo pubblicato l’appello al voto di Pablo Iglesias, oggi traduciamo brani di una lettera aperta di Alberto Garzón, leader di Izquierda unida.

(…) I risultati delle passate elezioni non sono stati quelli che speravamo. Non abbiamo raggiunto gli obiettivi che ci eravamo fissati dando vita all’alleanza tra Podemos e Izquierda Unida. (…) Non siamo riusciti a sconfiggere il Pp né a creare le condizioni parlamentari affinché il nostro Paese possa avere un governo di sinistra.

Una riflessione calma e rigorosa diventa necessaria. (…) non speravamo in questo risultato, né se lo aspettava qualsiasi partito politico o sondaggista. Probabilmente nella nostra società, e ancor di più nella sinistra, ci sono forze sociali che non siamo riusciti a intercettare. (…)

Quello che appare evidente, senza il pregiudizio delle analisi postume, è che non siamo stati capaci di sedurre né convincere l’elettorato di sinistra che aveva confidato in Iu e Podemos nelle passate elezioni. La nuova astensione, quella di chi aveva votato a dicembre e non oggi, praticamente coincide con il numero dei voti persi dalla coalizione. Non è chiaro se questo pezzo di elettorato lo si era perso già prima della coalizione, per via della frustrazione rispetto alle negoziazioni relative all’investitura di governo, o se si tratta di un fenomeno posteriore. Quello che è chiaro è che non siamo riusciti a convincere tutti i nostri elettori del momento storico che il nostro Paese sta attraversando. (…)

Ciò nonostante, è positivo che noi ci chiediamo se la confluencia (l’alleanza) sia stata una buona idea. Io credo di sì. La confluencia è stata, in primo luogo, una strategia razionale che ci ha permesso di mantenere i seggi nonostante la perdita dei voti. E in secondo luogo, è stata una buona idea in termini politici, perché ci permetterà di iniziare a costruire uno spazio politico con un enorme potenziale di trasformazione.

Tuttavia, dobbiamo porre l’attenzione sul risultato politico generale. Dal 2011 ad oggi il ciclo politico di mobilitazioni e proteste ha prodotto un cambiamento radicale nel sistema dei partiti ma anche nello spazio politico della sinistra. Mentre nel 2011 potevamo contare solamente undici deputati in questo spazio, oggi possiamo contarne 71. si tratta di un’avanzata considerevole, sebbene insufficiente. (…)

Ma le analisi non possono limitarsi unicamente al risultato elettorale. Il nostro Paese continua ad attraversare una dura crisi economica e politica che colpisce le fondamenta della nostra società. L’attuale fase storica del capitalismo è gestita dai governi neoliberali la cui gestione provoca un deterioramento delle condizioni di vita della maggioranza. Queste politiche sono le responsabili dell’aumento della frustrazione e della rabbia delle classi popolari, quello che ha alimentato l’ascesa dell’estrema destra in tutta Europa e che minaccia di far implodere il progetto dell’Unione europea, come abbiamo visto nel Regno Unito.

Nel nostro Paese, tuttavia, siamo in gran parte riusciti a spiegare la crisi con le coordinate ideologiche della sinistra. E il regime è ancora in crisi, incapace di risolvere la questione economica senza ricorrere a duri tagli che colpiscono la sua base sociale e incapace anche di raggiungere uno scenario di governabilità. I prossimi saranno mesi e anni di grandi sfide per le classi popolari e per la sinistra sociale e politica. E per far fronte a questo compito siamo più forti che mai.

Durante la nostra XI Assemblea (di Iu-unidad popular, ndr) abbiamo approvato la tabella di marcia che dà il via alla costruzione della confluencia e unità popolare, dalla mobilitazione sociale al piano culturale. Senza alcun dubbio la confluencia elettorale è insufficiente e incapace senza altri due elementi: la capacità di costruire una visione del mondo diversa da quella delle oligarchie e un movimento popolare protagonista. Sono convinto che sia questo il cammino corretto, e dobbiamo trarre vantaggio dal fatto che abbiamo un’organizzazione forte e unita. (…)

L’egemonia non è un concetto che si riferisce alla capacità di vendere un prodotto nel mercato elettorale ma, è più corretto, la capacità di estendere un’alternativa concezione del mondo, culturale e sociale e perciò ancorata alla vita quotidiana delle classi popolari. (…)

(Traduzione di Tiziana Barillà)