Alfano resiste. E in molti lo supportano. Pure Maurizio Lupi, che ai tempi si era dimesso per la nota vicenda del rolex, oggi dice che sul ministro dell’Interno c’è «un indecente sciacallaggio mediatico». «Bocconi di intercettazioni» sono quelle finite sui giornali, usate per colpire il governo, dice Lupi, che quindi bissa la linea di Alfano per cui quello di queste ore sarebbe «uso politico degli scarti di un'inchiesta giudiziaria». Non la pensano così le opposizioni, dai 5 stelle che chiedono «dimissioni immediate» a Sinistra Italiana che chiede ad Alfano «un gesto di responsabilità» «L'Italia», dice Arturo Scotto, «in un momento così particolare, non può avere a capo del Viminale un ministro dimezzato e distratto da altro». Alfano è poi nel mirino anche della Lega di Matteo Salvini, che però non pare molto impressionato dal contenuto delle intercettazioni: «Alfano si dimetta», dice Salvini, «non per l'assunzione del fratello alle Poste o per quello che avrebbe fatto il padre, ma per la sua totale incapacità di difendere i confini e la nostra sicurezza, i cittadini italiani e le stesse Forze dell'Ordine». Che tipo fosse Alfano o meglio cosa ci fosse nel suo giro evidentemente Salvini lo sapeva da tempo. Solo lui? Sembrerebbe di no dalle facce che girano nel Pd, per nulla sorprese dal contenuto delle intercettazioni, che vanno pur prese con le molle. La prima dichiarazione che arriva è quella di Francesco Boccia, deputato certo non renziano: «Prima di esprimere qualsiasi tipo di valutazione», dice, «consiglierei a tutti di guardare sempre le carte. Non si può essere garantisti a intermittenza». «Sul piano politico», aggiunge, «mettere al bando il ministro Alfano perché al centro delle conversazioni di altre persone mi sembra esagerato». Che Alfano - che ricordiamo non è indagato - e Ncd - che vede però indagato il parlamentare Antonio Marotta - avrebbero fornito motivo di imbarazzo è dunque cosa prevista. Non è certo stupito Boccia quando dice che sì, «certo, quello che emerge dai resoconti di questi giorni è che c'è sempre un sottobosco di millantatori e corruttori in servizio permanente» e che «chi consente loro di entrare nei palazzi delle istituzioni dovrebbe vergognarsi e assumersi le proprio responsabilità». Fai un governo con Alfano, però, e metti in conto il fratello assunto in una società del gruppo Poste, anche perché il soggetto è noto. Quello che esce dalle intercettazioni dell’inchiesta “Labirinto di tangenti" della Procura di Roma, comprese le supposte lamentele sulla retribuzione di soli 160mila euro, è solo l’ultimo capitolo della carriera di Alfano jr, che già aveva dato un dispiacere al fratello maggiore, ad esempio con la vicenda del ricorso per un incarico che gli era stato conferito in Sicilia. Poi l'ultima nomina, che già aveva incuriosito l’Unità nel 2013, ed era finita in un’interrogazione del deputato Palazzotto. Ora c’è l’intercettazione tra Raffaele Pizza a Davide Tedesco, collaboratore dello stesso inquilino del Viminale, che aggiunge solo dettagli: il 9 gennaio 2015, il primo si vanta d’esser stato lui a far assumere Alfano il giovane che ha una laurea triennale in economia. E neanche la faccenda del padre, Alfano Senior, che due intercettate (indagate) dicono abbia fatto pressioni per una serie di assunzioni, non tocca. O meglio, convince la sincerità dello sfogo del ministro: «La barbarie illegale arriva a farmi scoprire, dalle intercettazioni tra due segretarie», dice infatti il ministro, «che un uomo di ottant'anni, il cui fisico è da tempo fiaccato da una malattia neurodegenerativa che non lo rende pienamente autosufficiente, avrebbe fatto 'pressioni' presso le Poste per non so quale fantastiliardo di segnalazioni. È indegno dare credito e conto a ciò che i magistrati avevano scartato dopo avere studiato». Quello che semmai preoccupa palazzo Chigi - ma fino a un certo punto - sono dunque i malumori che questa vicenda ha ravvivato in Ncd. Un pezzo, infatti, è tentato dal ritorno stabile nel centrodestra. Che Matteo Renzi non brilli più come un tempo, evidentemente, ha i suoi effetti anche lì.

Alfano resiste. E in molti lo supportano. Pure Maurizio Lupi, che ai tempi si era dimesso per la nota vicenda del rolex, oggi dice che sul ministro dell’Interno c’è «un indecente sciacallaggio mediatico». «Bocconi di intercettazioni» sono quelle finite sui giornali, usate per colpire il governo, dice Lupi, che quindi bissa la linea di Alfano per cui quello di queste ore sarebbe «uso politico degli scarti di un’inchiesta giudiziaria».

Non la pensano così le opposizioni, dai 5 stelle che chiedono «dimissioni immediate» a Sinistra Italiana che chiede ad Alfano «un gesto di responsabilità» «L’Italia», dice Arturo Scotto, «in un momento così particolare, non può avere a capo del Viminale un ministro dimezzato e distratto da altro». Alfano è poi nel mirino anche della Lega di Matteo Salvini, che però non pare molto impressionato dal contenuto delle intercettazioni: «Alfano si dimetta», dice Salvini, «non per l’assunzione del fratello alle Poste o per quello che avrebbe fatto il padre, ma per la sua totale incapacità di difendere i confini e la nostra sicurezza, i cittadini italiani e le stesse Forze dell’Ordine».

Che tipo fosse Alfano o meglio cosa ci fosse nel suo giro evidentemente Salvini lo sapeva da tempo. Solo lui? Sembrerebbe di no dalle facce che girano nel Pd, per nulla sorprese dal contenuto delle intercettazioni, che vanno pur prese con le molle. La prima dichiarazione che arriva è quella di Francesco Boccia, deputato certo non renziano: «Prima di esprimere qualsiasi tipo di valutazione», dice, «consiglierei a tutti di guardare sempre le carte. Non si può essere garantisti a intermittenza». «Sul piano politico», aggiunge, «mettere al bando il ministro Alfano perché al centro delle conversazioni di altre persone mi sembra esagerato». Che Alfano – che ricordiamo non è indagato – e Ncd – che vede però indagato il parlamentare Antonio Marotta – avrebbero fornito motivo di imbarazzo è dunque cosa prevista. Non è certo stupito Boccia quando dice che sì, «certo, quello che emerge dai resoconti di questi giorni è che c’è sempre un sottobosco di millantatori e corruttori in servizio permanente» e che «chi consente loro di entrare nei palazzi delle istituzioni dovrebbe vergognarsi e assumersi le proprio responsabilità».

Fai un governo con Alfano, però, e metti in conto il fratello assunto in una società del gruppo Poste, anche perché il soggetto è noto. Quello che esce dalle intercettazioni dell’inchiesta “Labirinto di tangenti” della Procura di Roma, comprese le supposte lamentele sulla retribuzione di soli 160mila euro, è solo l’ultimo capitolo della carriera di Alfano jr, che già aveva dato un dispiacere al fratello maggiore, ad esempio con la vicenda del ricorso per un incarico che gli era stato conferito in Sicilia. Poi l’ultima nomina, che già aveva incuriosito l’Unità nel 2013, ed era finita in un’interrogazione del deputato Palazzotto. Ora c’è l’intercettazione tra Raffaele Pizza a Davide Tedesco, collaboratore dello stesso inquilino del Viminale, che aggiunge solo dettagli: il 9 gennaio 2015, il primo si vanta d’esser stato lui a far assumere Alfano il giovane che ha una laurea triennale in economia.

E neanche la faccenda del padre, Alfano Senior, che due intercettate (indagate) dicono abbia fatto pressioni per una serie di assunzioni, non tocca. O meglio, convince la sincerità dello sfogo del ministro: «La barbarie illegale arriva a farmi scoprire, dalle intercettazioni tra due segretarie», dice infatti il ministro, «che un uomo di ottant’anni, il cui fisico è da tempo fiaccato da una malattia neurodegenerativa che non lo rende pienamente autosufficiente, avrebbe fatto ‘pressioni’ presso le Poste per non so quale fantastiliardo di segnalazioni. È indegno dare credito e conto a ciò che i magistrati avevano scartato dopo avere studiato». Quello che semmai preoccupa palazzo Chigi – ma fino a un certo punto – sono dunque i malumori che questa vicenda ha ravvivato in Ncd. Un pezzo, infatti, è tentato dal ritorno stabile nel centrodestra. Che Matteo Renzi non brilli più come un tempo, evidentemente, ha i suoi effetti anche lì.