I padiglioni di Francia, Guinea Equatoriale e Kuwait e quello di un marchio di birra a Expo Milano 2015 sarebbero tra le commesse andate a un gruppo collegato alla famiglia mafiosa di Pietraperzia, Enna. Stamattina gli 11 arresti per riciclaggio e frode fiscale ordinati dai pm milanesi Ombra e Storari coordinati da Ilda Bocassini. Il gip Maria Cristina Mannocci ha anche disposto un sequestro di cinque milioni di euro.
I soldi in ballo sono tanti, dal momento che il consorzio di cooperative Dominus scarl, finito nel mirino della direzione distrettuale antimafia di Milano, ha fatturato 18 milioni in tre anni (su 20 totali) per gli affari conclusi con Nolostand spa, società controllata da Fiera Milano, per la quale ha realizzato in Expo i 4 padiglioni già citati e allestito le esposizioni di Auditorium e Palazzo dei congressi.
Preoccupante la sottolineatura che i magistrati fanno rispetto alla «censurabile sottovalutazione» delle anomalie connesse al consorzio di cooperative al centro dell’inchiesta da parte dei vertici di Fiera Milano e della controllata Nolostand – non coinvolti ad alcun titolo nell’operazione di questa mattina.
Tra gli arrestati, sette in carcere e quattro ai domiciliari, ci sono gli amministratori de facto del consorzio Dominus, con sede legale a Milano e sede operativa a Bollate: Giuseppe Nastasi e Liborio Pace, entrambi imparentati, in Sicilia e nel milanese, con persone condannate per mafia e ‘ndrangheta. Nastasi avrebbe intestato le società del consorzio a prestanome, ma per l’accusa era lui il vero dominus dell’organizzazione. Liborio Pace, peraltro, è già stato coinvolto in un processo per associazione mafiosa, da cui è uscito indenne con l’assoluzione. Per loro l’accusa è di associazione per delinquere finalizzata a falsa fatturazione e altri reati tributari, ad appropriazione indebita e riciclaggio con l’aggravante di aver agito per favorire Cosa Nostra. Aggravante contestata anche al padre di Giuseppe Nastasi, Calogero, anche lui coinvolto nell’inchiesta.
Il collegamento con la famiglia mafiosa di Pietraperzia è avvenuto, secondo i pm, con la consegna a un esponente del clan di denaro contante frutto di fondi neri realizzati grazie a fatture false. Ordinanza di custodia cautelare anche per l’avvocato Danilo Tipo, ex presidente della Camere penali di Caltanissetta e impegnato nelle fila del centrodestra, come consigliere e assessore, nella città siciliana.
L’accusa per lui è riciclaggio aggravato dallo scopo di favorire la famiglia mafiosa: a ottobre 2015 avrebbe portato 295.000 euro in contati dalla Lombardia alla Sicilia. A consegnargli la somma sarebbe stato Liborio Pace, che l’aveva sottratta a una perquisizione di routine in azienda. Ma Pace è sotto accusa anche per un altro trasporto di contanti nella tratta Lombardia-Sicilia, nel mese giugno dello scorso anno: stavolta nella scatola di una piscina gonfiabile a bordi di un camion c’erano 413.000 euro.
Una recente operazione dei carabinieri di Enna – 10 arresti per pizzo, armi e droga effettuati il 28 giugno su ordine della Dda – ha confermato la pervasività del clan di Pietraperzia, che ha assunto il controllo del territorio anche attraverso l’imposizione di pizzo e assunzioni ad aziende aggiudicatarie di appalti pubblici nella provincia. Qualche mese fa nel Comune siciliano è stato anche bruciato il portone di casa del sindaco 5 stelle.