Il ministro Alfano annuncia la protezione per la moglie di Emmanuel. Protezione post mortem. Come a Firenze, a dicembre 2011

Ora si dice: l’assasino non rappresenta l’Italia. Certo, gli assassini di Dacca non rappresentano il Bangladesh né tanto meno l’Islam. Ma c’e anche questa Italia, in una parola razzista. E di stampo fascista, per di più.

emmanuel

Dove accade che due giovani ultrà di destra, della Fermana, incontrino vicino a una chiesa altri due giovani, nigeriani, scampati da Boko Haram e dalla morte certa, poi da quella probabile della traversata, in barcone, del Mediterraneo. E dicano: «Do’ vai co’ ssa scimmia». La “scimmia” è la compagna della sua vita, la madre di un figlio ucciso e di uno non nato per le sevizie. La difende e perciò “merita” di essere pestato a calci e sprangate. Fino a morirne.

Emmanuel aveva 36 anni e solo a gennaio era riuscito a sposare Chinyery, 24 anni. Emmanuel e Chinyery sono due dei 124 rifugiati ospitati nel Seminario di Fermo. Ma nella Fermo governata dal centrosinistra, tra i suoi 30mila abitanti, c’è anche Amedeo Mancini, l’aggressore, fermato con l’accusa di omicidio preterintenzionale con l’aggravante della finalità razziale. Ha 38 anni, è alto e corpulento, possiede almeno 30 tori ed è un imprenditore agricolo, Mancini. Nella sua Curva Duomo, rinomatamente di destra, è molto conosciuto. Ed è già noto pure alle forze dell’ordine essendo già stato sottoposto a Daspo. Ma la sua curva, nemmeno 48 ore dopo, prende le distanze: «La Curva Duomo e la tifoseria tutta è addolorata e dispiaciuta dall’accaduto, ovviamente prendiamo le distanze da un episodio che nulla c’entra col calcio, con la tifoseria e con il mondo ultras in generale, nelle prossime ore usciremo con un comunicato ufficiale», hanno scritto questo pomeriggio gli ultrà in un post su facebook.
«Pensavo stessero rubando un’auto», è tutto quello che ha saputo dire l’aggressore subito dopo i fatti. Ma oggi il suo avvocato, Francesco De Minicis, giura che «Amedeo Mancini è distrutto dal dolore, non voleva uccidere Emmanuel».

 

Quello di cui si legge qui, e di cui si leggerà domani e domani ancora sulla stampa, ha un nome: convinzione di superiorità. «Il governo oggi a Fermo con don Vinicio e le Istituzioni locali in memoria di Emmanuel. Contro l’odio, il razzismo e la violenza», twitta Renzi. E non manca chi, come la Lega di Salvini, stigmatizza ma non perde l’occasione per l’ennesima inciviltà: «È sempre più evidente che l’immigrazione clandestina fuori controllo, anzi l’invasione organizzata, non porterà nulla di buono. Controlli, limiti, rispetto, regole e pene certe: chiediamo troppo?». Intanto il ministro dell’Interno Alfano annuncia che «la commissione competente ha concesso alla compagna del migrante ucciso a Fermo lo status di rifugiata». Protezione post mortem. Lo stesso è accaduto a Firenze, a dicembre 2011, quando militanti di CasaPound aggredirono e uccisero Samb Modou, 40 anni, e Diop Mor, 54 anni, di origine senegalese. Come allora, l’Italia antirazzista si mobilita.