Fabrizio Ghera di Fratelli d’Italia esagera: «La giunta Raggi», dice, «è piena di riciclati, soprattutto dalla sinistra. Niente di nuovo». Saltata però la nomina di Andrea Lo Cicero, rugbista e gaffeur, ad assessore allo Sport, la giunta Raggi ha in effetti un segno politico. Lo danno la nomina confermata a Paolo Berdini, urbanista della scuola Insolera, Salviamoilpaesaggio, Legambiente e compagnia, che sarà assessore all’urbanistica; e poi la chiamata arrivata a Daniela Morgante, magistrato della Corte dei conti, primo assessore al Bilancio della giunta Marino, che sarà adesso capo di gabinetto di Raggi. E anche Luca Bergamo, un tempo molto vicino a Walter Veltroni, fondatore del festival Enzimi e ora assessore alla cultura.
Una pag. sul Corsera:”i primi 18 giorni di Raggi sindaco”. Ecco, no. Per pietà no, che pure negli Usa fanno almeno “i primi 100” #Rassegnati
— Alessandro Milan (@alinomilan) 7 luglio 2016
Questo è il primo elemento di analisi legato alla presentazione della giunta Raggi, avvenuta in Campidoglio, dopo settimane di polemiche e ritardi (in realtà non così forti, visto che anche Marino ci mise un paio di settimane a chiudere la squadra). La giunta Raggi è una giunta fondamentalmente tecnica (solo il fido Davide Frongia, vicesindaco, è un eletto in consiglio) ma con molti esponenti orientati a sinistra. Il secondo elemento è il crollo del mito del Movimento come forza aliena: quando diventa partito di governo, anche il Movimento scopre che dietro le scelte ci sono trattative, lunghe ed estenuanti, da svolgere spesso a porte chiuse. Niente dirette streaming, niente sondaggi sul web, né concorsi pubblici: una giunta, anche 5 stelle, è un luogo di mediazioni, di competenze ma anche di politiche. E a farne le spese è l’immagine – evidentemente troppo enfatizzata, per non dire falsa – del Movimento dove decidono tutto i cittadini.
Si insedia oggi a Roma il nuovo sindaco DiMaio. Auguri a lui, alla “facente finzione” Raggi e soprattutto alla città.
— Vittorio Zucconi (@vittoriozucconi) 7 luglio 2016
Non è vero, decide Virginia Raggi, sì, ma decide Luigi Di Maio, decidono pure Beppe Grillo e Davide Casaleggio. Tant’è che il terzo elemento di analisi della giunta – scrivono tutti i giornali – è la sua composizione correntizia. È forte l’influenza di Di Maio (a lui si devono Marcello Minenna al Bilancio e alle Partecipate e Laura Baldassarre al Sociale) un po’ meno quella di Casaleggio (che ha lavorato con Adriano Meloni, già ad di Expedia Italia, e assessore alle attività produttive).