Dopo la liberazione, senza genitori, spesso soli e sotto shock. Mentre continuano gli attacchi di Daesh, come quello del 29 giugno, quando è morta la bambina che avevo adottato a distanza

Piangevano, un anno fa, Alifn, Ixlas, Xebat, Rustem, Muhemed, giovani orfani della guerra siriana. Piccoli costretti dal conflitto a crescere troppo in fretta. Cinque delle centinaia di bambini che nei 6 mesi dell’assedio del Daesh a Kobane (luglio 2014-gennaio 2015) avevano perso i genitori. L’attacco degli uomini in nero dell’autoproclamato Califfo alla città siriana lungo il confine con la Turchia, diventata simbolo della resistenza, della libertà e dell’autodeterminazione dei curdi contro il sedicente Stato Islamico, si era lasciato dietro una scia di sangue, dolore e devastazione: oltre 2.000 morti, quasi mezzo milione di sfollati e un cumulo di macerie. Sangue che ha ripreso a scorrere in questi giorni, proprio quando in città si festeggiava l’anniversario della liberazione.

Nel villaggio di Shuyukh, nelle campagne a sud-ovest di Kobane, la notte del 29 giugno – e qui la cronaca lascia il posto a una vicenda personale – è morta una bambina che assieme alla mia compagna avevamo adottato a distanza. «Un certo numero di militanti del Daesh stavano cercando di infiltrarsi nel villaggio, quando sono scoppiati gli scontri», conferma al telefono Habun Osman, funzionario delle Ypg (Unità di autodifesa del popolo curdo). I combattimenti hanno interessato diverse abitazioni tra cui quella in cui viveva Fatima (nome di fantasia). la piccola di 9 anni, colpita assieme al nonno da una pallottola vagante. Domenica 26 giugno anche l’esercito turco ha bombardato l’area, in particolare i villaggi curdi di Boban, Koreli, Zilara e Ashme, sempre nelle campagne attorno Kobane.

Nell’attacco si conterebbero anche vittime civili. Nell’ultimo mese, i militari di Ankara hanno compiuto oltre 20 attacchi contro le posizioni curde nel nord della Siria. Si tratta proprio dei villaggi del Cantone di Kobane in cui al momento vivono gli orfani della città, accuditi spesso da parenti sopravvissuti alla guerra, nonni anziani o semplici vicini, in abitazioni dove sono ospitate tutte insieme anche 2-3 famiglie. Costretti ad abbandonare le loro case cittadine distrutte, si sono dovuti trasferire nei villaggi circostanti del Cantone, soffrendo di problemi di grande povertà e sradicamento. Si tratta di piccoli che hanno visto con i propri occhi un loro caro venire ucciso o che si sono salvati tra le braccia della madre che cadeva vittima di una pallottola.

Alcuni ancora non capiscono il significato della morte e continuano ad aspettare il loro padre, mentre altri portano sempre dietro, abbracciandola, la foto del loro genitore scomparso. Questi ormai 5 anni di guerra civile in Siria, stanno producendo effetti devastanti sui bambini, riducendo la loro capacità di resistenza. «La vita dei bambini siriani è stata distrutta dalla brutalità della guerra», si legge nel rapporto pubblicato nell’agosto 2015 dalla Commissione d’inchiesta internazionale indipendente sulla Siria, creata dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite. Nemmeno scuole e ospedali sono stati risparmiati nel conflitto. Col risultato che istruzione e cure mediche (campagne di vaccinazione comprese), denuncia ancora la Commissione Onu, spesso sono inaccessibili.

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