Il viaggio in Israele della delegazione 5 stelle finisce in polemica. Ma chissà se Di Maio davvero ha creduto che chi parla di pace in quell'angolo del mondo poi la voglia davvero, la pace. Gli sarebbe bastato leggere qualche pagina di Vittorio Vik Arrigoni per non rimarne sorpreso

C’è una nuova schiera di stupiti nella politica italiana: Di Maio e la delegazione del M5S in missione internazionale dalle parti di Palestina e Israele pagano un’intervista in cui chiedevano pace nei territori occupati e si ritrovano con la porta sbattuta in faccia.

«Abbiamo appreso dalla nostra ambasciata – scrivono i parlamentari 5 Stelle – che il governo israeliano impedisce alla delegazione guidata dal vicepresidente della Camera dei deputati di recarsi nella Striscia di Gaza per visitare il progetto di un’organizzazione non governativa italiana pagato con i soldi dei cittadini italiani. Questo è un cattivo segnale non tanto per il Movimento 5 Stelle ma soprattutto per quello che è l’approccio dello stesso esecutivo israeliano rispetto alla situazione nella Striscia di Gaza e della pace nella regione».

Già: essere sulle stesse posizioni dell’Onu (ovvero dei diritti umani) è per il governo israeliano una terribile violazione della propria privacy e disturba quell’ammantante silenzio dentro cui si è costruita questa bugia dell’Israele democratico e evoluto che bombarda solo per legittima difesa.

E chissà se il M5S vorrà sfruttare questa onda di consenso per portare all’attenzione internazionale un’anomalia di diritti che si protrae da troppi anni. E chissà se Di Maio davvero ha creduto che chi parla di pace in quell’angolo del mondo poi la voglia davvero, la pace. Gli sarebbe bastato leggere qualche pagina di Vittorio Vik Arrigoni per non rimarne sorpreso.