L’ingegner Carlo De Benedetti è stato condannato a cinque anni e due mesi per le morti sospette da amianto di ex operai della Olivetti. Dal tribunale di Ivrea arriva un’altra sentenza storica di condanna contro gli imprenditori italiani per non aver tutelato la salute dei lavoratori dal rischio costituto dalle micidiali fibre di amianto, responsabili di gravi malattie tra cui il mesotelioma. Oggi la sentenza della giudice Elena Stoppini – che ha pronunciato 13 condanne – ha accolto quasi del tutto le richieste dei pm Laura Longo e Francesca Traverso. Nei confronti di De Benedetti la richiesta dei pm era infatti di 6 anni e 8 mesi per omicidio colposo e lesioni. I vertici dell’azienda piemontese, secondo l’accusa, non hanno preso quei provvedimenti necessari per garantire la salute dei lavoratori, compresa anche la bonifica dei luoghi di lavoro. Condannato anche il fratello di Carlo, Franco De Benedetti, sempre a cinque anni e due mesi, mentre per l’ex ministro Corrado Passera che fu amministratore delegato della Olivetti «per poco tempo e nell’ultimo periodo contestato dall’accusa» dice il suo avvocato, la condanna è stata di un anno e 11 mesi. Fra i tre assolti figura Roberto Colaninno, che era chiamato in causa per un solo caso di lesioni colpose. Due milioni gli indennizzi previsti alle parti civili, secondo quanto si ricava dal dispositivo della sentenza del giudice Stoppini. Le somme dovranno essere versate “in solido” dagli imputati condannati, a seconda delle singole posizioni, e da Telecom, chiamata in causa come responsabile civile. Persone fisiche da risarcire ma anche l’Inail, per la quale il totale della somma supera i 710 mila euro. Non solo. Le altre parti civili, fra cui enti territoriali, sindacati e associazioni, potranno rivalersi in sede giudizaria. Soddisfazione è stata espressa da Laura D’Amico, avvocato della Fiom Cgil: «Perché dopo un dibattimento molto duro e combattuto, soprattutto da parte delle difese, è emersa la verità ed è stata data giustizia alle vittime».
Ci saranno inoltre altri accertamenti sull’ingegnere Carlo De Benedetti relativi alle morti da amianto alla Olivetti, secondo quanto ha ordinato la giudice Elena Stoppini che, come avevano chiesto i pm, ha disposto la trasmissione degli atti in procura per tre decessi attribuiti a un tumore polmonare e non, come accaduto in un primo tempo, a un mesotelioma.
«Sono stato condannato per reati che non ho commesso», dice De Benedetti che si definisce «stupito e molto amareggiato per la decisione del Tribunale di Ivrea di accogliere le richieste manifestamente infondate dell’accusa». L’imprenditore presenterà ricorso in appello. Intanto ha parlato dell’«ampia documentazione prodotta in dibattimento sull’articolato sistema di deleghe vigente in Olivetti e sul completo e complesso sistema di tutela della sicurezza e salute dei lavoratori, da me voluto e implementato fin dall’inizio della mia gestione». I servizi interni preposti alla sicurezza e alla salute dei lavoratori e alla manutenzione degli stabili – dice – «non mi hanno mai segnalato situazioni allarmanti o anche solamente anomale in quanto, come emerso in dibattimento, i ripetuti e costanti monitoraggi ambientali eseguiti in azienda hanno sempre riscontrato valori al di sotto delle soglie previste dalle normative all’epoca vigenti e in linea anche con quelle entrate in vigore successivamente». Il talco contaminato da fibre di amianto, continua De Benedetti, non è stato acquistato dall’azienda fin dalla metà degli anni 70.
Il nome Olivetti a Ivrea è chiaramente il simbolo di una storia che comincia con la fabbrica “ideale” di Adriano Olivetti. Una sentenza, quella di oggi, che “fa chiarezza” ma che in ogni caso «non cancella la storia della Olivetti e quello che l’azienda ha dato alla nostra città», ha detto il sindaco Carlo Della Pepa per il quale è giusto distinguere la fabbrica degli anni 60 da quella degli anni 80.
Il capitolo delle morti per amianto forse continuerà ad avere delle ripercussioni in sede giudiziaria. «Non solo perché le statistiche dicono che purtroppo le persone continueranno a ammalarsi e morire anche nei prossimi anni, non solo perché sicuramente le difese ricorreranno in appello, ma anche perché sono già in stato avanzato i lavori istruttori di processi per altre morti di amianto in Olivetti», dice Federico Bellono, segretario provinciale della Fiom Cgil. Riflettori accesi dunque su Ivrea e su quella storia industriale un tempo gloriosa e anche utopica e adesso, come dimostrano le condanne di primo grado, addirittura pericolosa per la vita dei dipendenti.