«Era un porco e si è meritato la fine che ha fatto». «Mi piace ricordarlo con un buco in testa e steso sull’asfalto». Commenti di questo tipo hanno inondato la pagina facebook di ZeroCalcare ieri, sotto il post dell’iniziativa di Genova nell’anniversario del G8 del 2001 e della morte di Carlo Giuliani. Finché Facebook non ha messo fine al delirio: «Quando ho provato ad accedere mi è stata mostrata una schermata in cui mi si diceva che i miei account erano stati oscurati per colpa di quel post. Riattivando tutto il post è stato eliminato in automatico dalla pagina», dice ZeroCalcare.
Ricordo ancora una scritta – «Carlo Giuliani è morto inculato» – che imperava su un muro della mia città, Reggio Calabria, in quei giorni di quindici anni fa. Le scritte erano sui muri allora, le incontriamo anche sui social network oggi. Resta il contagio di quell’ignoranza arrogante e di quella superficialità feroce che esplode nei cervelli ingabbiati dentro i piccoli polpastrelli che sentenziano su una tastiera. La stessa che ricorre ogni qualvolta c’è da ribaltare la realtà, invertendo le vittime e i carnefici: così Carlo da essere umano si riduce a estintore, Stefano Cucchi, Giuseppe Uva o Giulio Regeni a gente che se la va a cercare, esseri umani di second’ordine, come le migranti e i migranti che vengono rinchiusi nei lager d’Europa.
Carlo Giuliani è morto ammazzato esattamente 15 anni fa. Ma la verità, forse, è che Carlo non lo hanno ammazzato del tutto. E che i fatti di Genova no, non sono mai finiti. E serve a poco alimentare odio e confusione, prima o poi il nostro Paese dovrà fare i conti con Genova.