Il tentativo di colpo di Stato in Turchia si è trasformato in un'enorme macchina della repressione messa in campo dal presidente Erdogan. Sono già più di 50mila i soggetti - magistrati, militari, rettori, insegnanti, giornalisti - destinatari di provvedimenti restrittivi, dalla sospensione al carcere passando per il divieto di espatrio. Le "purghe" di Erdogan gettano nella tensione ampie fasce della popolazione: i militari sono tenuti sotto stretto controllo dalla polizia, notoriamente più vicina al "sultano" ma anch'essa oggetto di provvedimenti restrittivi, e dai servizi di Hakan Fidan, fedelissimo di Erdogan.
Il Paese "laico e democratico" fino a tempo fa candidato a far parte dell'Unione europea, tanto da abolire la pena di morte, oggi potrebbe essere in procinto di reintrodurre le esecuzioni capitali e perfino - auspicano i leader religiosi più radicali che ora risollevano il capo - l'uso obbligatorio del velo da parte delle donne. Il regime turco ritiene vicini all'imam "cospiratore al soldo degli Usa" Fethullah Gulen 6mila militari, 8mila poliziotti, 3mila giudici, 21mila insegnanti, 1.500 rettori universitari.
Chi è Gulen lo spiega al New York Times James F. Jeffrey, ex ambasciatore Usa in Turchia ora presso l'Istituto di Washington per la Politica del Vicino Oriente. Secondo lui non si hanno informazioni solide sul suo peso sugli obiettivi, ma è risaputo che ha forti legami con le istituzioni statali turche,in particolare magistratura e polizia. "Si tratta di uno Stato nello Stato", ha detto Jeffrey di Gulen, ritenuto dagli Usa un leader islamico moderato che promuove il dialogo interreligioso, guida una rete mondiale di associazioni di beneficenza e scuole laiche, favorisce buone relazioni con Israele e si oppone movimenti islamici più radicali come i Fratelli musulmani e Hamas.
Dopo aver lasciato il paese nel 1999, quando la vecchia élite laica della Turchia lo ha accusato di un tentativo di golpe, Gulen è approdato negli Stati Uniti aiutato dalla Cia. Ora il predicatore mistico del ramo sufi dell'Islam vive in Pennsylvania. Erdogan lo accusa di un nuovo complotto e il primo ministro Binali Yildirim chiede agli Stati Uniti di consegnarlo alla Turchia, promettendo di inviare i fascicoli con le prove del suo ruolo nella cospirazione. E minaccia: "Potrebbe essere anche messa in discussione la nostra amicizia".
[caption id="attachment_81728" align="aligncenter" width="590"] Soldati turchi seminudi e ammanettati dopo l'arresto all'indomani del tentativo di golpe fallito nella notte tra il 15 e il 16 luglio, in una foto postata sul profilo Twitter di Military Advisor, sito di osservazione e analisi militare focalizzato sugli sviluppi delle crisi in Siria, Iraq e Yemen.[/caption]
[caption id="attachment_81729" align="aligncenter" width="1024"] Il primo ministro turco Binali Yildirim visita una parte distrutta del Parlamento ad Ankara il 19 luglio. EPA/STR[/caption]
[caption id="attachment_81730" align="aligncenter" width="1024"] Manifestanti portano un manichino raffigurante Fethullah Gülen - accusato da Erdogan di aver ispirato il golpe - a piazza Taksim, Istanbul. EPA/SEDAT SUNA[/caption]
[caption id="attachment_81731" align="aligncenter" width="1024"] I parenti delle persone uccise nel tentativo di colpo di Stato il 16 luglio durante il funerale ad Ankara. EPA/STR[/caption]
[caption id="attachment_81732" align="aligncenter" width="1024"] Le bare delle vittime del tentativo di colpo di Stato il 16 luglio, durante un funerale nella Moschea di Kocatepe ad Ankara, EPA/STR[/caption]
[caption id="attachment_81733" align="aligncenter" width="1024"] Il presidente Erdogan parla alla folla il 18 luglio. EPA/TURKISH PRESIDENTAL PRESS OFFICE / HANDOUT HANDOUT EDITORIAL USE ONLY/NO SALES[/caption]
Il tentativo di colpo di Stato in Turchia si è trasformato in un’enorme macchina della repressione messa in campo dal presidente Erdogan. Sono già più di 50mila i soggetti – magistrati, militari, rettori, insegnanti, giornalisti – destinatari di provvedimenti restrittivi, dalla sospensione al carcere passando per il divieto di espatrio. Le “purghe” di Erdogan gettano nella tensione ampie fasce della popolazione: i militari sono tenuti sotto stretto controllo dalla polizia, notoriamente più vicina al “sultano” ma anch’essa oggetto di provvedimenti restrittivi, e dai servizi di Hakan Fidan, fedelissimo di Erdogan.
Il Paese “laico e democratico” fino a tempo fa candidato a far parte dell’Unione europea, tanto da abolire la pena di morte, oggi potrebbe essere in procinto di reintrodurre le esecuzioni capitali e perfino – auspicano i leader religiosi più radicali che ora risollevano il capo – l’uso obbligatorio del velo da parte delle donne. Il regime turco ritiene vicini all’imam “cospiratore al soldo degli Usa” Fethullah Gulen 6mila militari, 8mila poliziotti, 3mila giudici, 21mila insegnanti, 1.500 rettori universitari.
Chi è Gulen lo spiega al New York Times James F. Jeffrey, ex ambasciatore Usa in Turchia ora presso l’Istituto di Washington per la Politica del Vicino Oriente. Secondo lui non si hanno informazioni solide sul suo peso sugli obiettivi, ma è risaputo che ha forti legami con le istituzioni statali turche,in particolare magistratura e polizia. “Si tratta di uno Stato nello Stato”, ha detto Jeffrey di Gulen, ritenuto dagli Usa un leader islamico moderato che promuove il dialogo interreligioso, guida una rete mondiale di associazioni di beneficenza e scuole laiche, favorisce buone relazioni con Israele e si oppone movimenti islamici più radicali come i Fratelli musulmani e Hamas.
Dopo aver lasciato il paese nel 1999, quando la vecchia élite laica della Turchia lo ha accusato di un tentativo di golpe, Gulen è approdato negli Stati Uniti aiutato dalla Cia. Ora il predicatore mistico del ramo sufi dell’Islam vive in Pennsylvania. Erdogan lo accusa di un nuovo complotto e il primo ministro Binali Yildirim chiede agli Stati Uniti di consegnarlo alla Turchia, promettendo di inviare i fascicoli con le prove del suo ruolo nella cospirazione. E minaccia: “Potrebbe essere anche messa in discussione la nostra amicizia”.