Ok del Consiglio di Stato al decreto che rende operativa la legge Cirinnà. Comuni e cittadini si preparano: tempestati i centralini delle maggiori città italiane. Ma se Milano, Bologna e la Verona del leghista Tosi sono pronte, la Capitale arranca

Le prime unioni civili in Italia si celebrano a Ferragosto. L’ok, ieri, del Consiglio di Stato al decreto ponte che rende operativo il ddl Cirinnà, apre alla trascrizione delle unioni omosessuali nei registri dello Stato civile. Ora che non ci sono più ostacoli formali alla piena operatività della legge, tocca al governo sbrigarsi. È al Viminale che spetta infatti l’onere di varare, entro cinque giorni, il provvedimento sulle formule da inserire nei registri comunali e che sono necessarie al riconoscimento effettivo delle unioni. Ad esortare Alfano è stato Franco Frattini, il presidente della Sezione Atti normativi del Consiglio di Stato.

 

A margine del parere consultivo di ieri, Frattini in conferenza stampa ha poi sottolineato l’urgenza di sottoporre al parere del garante della privacy l’impianto delle norme approvate entro il 5 dicembre, giorno in cui scade il termine per l’entrata in vigore dei decreti. «Una cosa è un registro disposto con un provvedimento d’urgenza, altra è disciplinare un’intera situazione – ha detto Frattini – da qui il consiglio a compiere un monitoraggio sul funzionamento del decreto e il suggerimento a produrre circolari informative»

Città arcobaleno

Mentre il ddl Cirrinnà prosegue il suo iter attuativo, i comuni e i cittadini si preparano a a registrare le prime unioni. Agli uffici comunali di Milano, nella sola giornata di ieri, sono arrivate 79 richieste di prenotazione per l’iscrizione nei registri. 36 a Bologna, 20 a Torino e poi una decina a Verona, Fiumicino e Pesaro.

L’entusiasmo tra i cittadini è grande e le città si preparano ad accoglierlo. A Verona il leghista Tosi offre il balcone di Romeo e Giulietta, mentre Viareggio propone celebrazioni in spiaggia. Pronte anche Vicenza, Venezia e Palermo, mentre arrancano Napoli e Roma. Una netta opposizione viene invece da Novara dove il sindaco leghista, Alessandro Canelli, dice di avere «cose più urgenti da fare».

Nessuna obiezione

Se la politica e la società civile hanno accolto con entusiasmo la decisione del Consiglio di Stato, le associazioni interne e vicine al mondo omosessuale ci vanno più caute. «Le liste d’attesa istituite in questi giorni in diversi comuni d’Italia e che vedono decine di coppie pronte a celebrare la propria unione, testimoniano la necessità di corrispondere quanto prima a quelle istanze, che sono diritti sanciti da una legge già in vigore. In questo senso è auspicabile che il termine ipotetico del prossimo ferragosto possa dimostrarsi certo», ha dichiarato Gabriele Piazzoni, segretario generale dell’Arcigay. In conclusione del suo comunicato l’Arcigay aggiunge di aver accolto con «sollievo» la decisione da parte del Consiglio di Stato di derubricare a forma estranea alla legge, il ricorso all’obiezione di coscienza da parte dei sindaci.

Il tema dell’obiezione era stato sollevato a Rovigo la scorsa settimana. Il sindaco Massimo Bergamini in un lungo post su Facebook ha fatto appello all’obiezione di coscienza per opporsi alla celebrazione delle unioni civili previste dalla legge entrata in vigore a fine febbraio. Puntuale, Mario Adinolfi ha offerto il proprio sostegno al primo cittadino leghista, mentre l’Arcigay ha organizzato un flash mob sotto le finestre degli uffici del sindaco.

A stroncare definitivamente la campagna mediatica – un vero e proprio tentativo di boicotaggio – portata avanti dai sindaci obiettori in opposizione alla piena attuazione del ddl Cirinnà, è stato il Consiglio di Stato. «Il provvedimento non parla di sindaci ma di Ufficiali di Stato Civile, quindi una platea molto ampia» chiarisce Frattini. Nessuna scusa dunque per fermare l’approdo delle unioni arcobaleno nei Comuni italiani: le trascrizioni possono essere delegate dai sindaci «ad altre figure che rivestono altra qualifica». Vietato obiettare.