Il sindaco di Verona, Flavio Tosi, ha conferito la cittadinanza onoraria a Petro Poroshenko, capo dello Stato ucraino eletto con elezioni anticipate nel 2014, tra violenze di piazza e guerra civile nel Donbass. Poroshenko, 50 anni, oligarca e “re del cioccolato” con la sua Roshen, conta su una lunga carriera politica da trasformista: è stato deputato e ministro sia con governi filo-occidentali che con quelli filorussi. Candidato alla presidenza dell’Ucraina all’indomani del colpo di Stato del 2014 e la destituzione dell’allora presidente Viktor Janucovyc, viene eletto con il sostegno delle forze neo-naziste, alle quali – del resto – appartengono alcuni ministri dell’attuale governo.
La Kiev di Poroshenko opera nella sistematica repressione del dissenso e nella totale violazione dei diritti umani ai danni della componente russofona e delle minoranze. Su tutte, la popolazione russofona del Donbass, sottoposta alla costante repressione militare di Kiev che si è spinta fino a bombardamenti indiscriminati contro i civili. Pari repressione si è abbattuta, e si continua ad abbattere, sulle opposizioni: molti gli episodi di eliminazione fisica, incarcerazioni senza garanzie processuali ed emigrazioni coatte denunciate finora.
Tra gli episodi di discriminazione razziale, la strage del 2 maggio 2014 a Odessa nella quale furono bruciati vivi molti civili dalle bande paramilitari filonaziste e filogovernative. A riguardo – documentano Onu e Amnesty International – le indagini condotte da Kiev «non soddisfano i requisiti della Convenzione europea sui diritti umani» e che, dopo due anni dalla tragedia, non sono stati trovati i colpevoli poiché godono della complicità della polizia e della protezione del governo di Kiev.
Un fatto che «offende il senso profondo della giustizia e del rispetto dei diritti umani universali», recita l’appello “Nessuna onorificenza per Poroshenko” diretto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e promosso dal coordinamento Ucraina Antifascista. «In una fase storica di sdoganamento del fascismo in Italia e, più in generale, di rigurgiti neo-nazisti in Europa, la battaglia contro l’iniziativa del sindaco di Verona assume un valore simbolico da un lato, e morale dall’altro: non possiamo con rassegnazione accettare che sia offesa la nostra identità nata dalla Resistenza».