Sono le 10:25 del 2 agosto 1980, la sala d’attesa è affollata. Intorno il caos della stazione ferroviaria di Bologna: il caldo, la fretta di partire, le valige, una in particolare abbandonata su un tavolino portabagagli sotto il muro portante dell’ala ovest. Un clic, poi l’esplosione. 23 kg di esplosivo che travolgono tutto e tutti, i detriti e l’onda d’urto arrivano addirittura a colpire il treno Ancona-Chiasso fermo al binario 1 in attesa di ripartire. Muoiono 85 persone, in 200 rimangono feriti. Inizia così uno degli episodi più terribili che segnano la storia della democrazia italiana sul quale ancora permangono ombre.
Il 2 agosto 1980 ero una bambina di 9 anni e alle 8.20 mi trovavo alla Stazione di Bologna. Dovevo partire col treno per la mia prima vacanza da sola in montagna con la mia migliore amica, Simona.
E sì, era la prima volta che partivo senza i miei genitori e mi accompagnò mio papà alla Stazione di Bologna. Nell’atrio mi aspettava la mia amica con i suoi genitori. Guardammo l’orario del treno diretto a Vicenza, dove avremmo proseguito in pullman fino a Gallio, paesino di montagna vicino ad Asiago. Il treno quella mattina fu puntuale e ricordo ancora l’emozione di partire sola con in tasca le Big Babol, le gomme da masticare che profumavano di fragola. […] Verso l’ora di pranzo arrivammo alla casa in montagna. Mentre aspettavamo che il pranzo fosse pronto, il papà della mia amica accese la tv per guardare il telegiornale. Rimanemmo senza parole nel vedere le immagini in bianco e nero della nostra stazione squarciata, la nostra città…Poche ore prima eravamo anche noi lì sul marciapiede di un binario, nel caldo afoso di Bologna. Dobbiamo avvisare tutti che siamo arrivati! Che noi siamo salvi: «mamma non ti preoccupare – le dissi – noi siamo arrivati…». Io arrivai… molti altri no.
Francesca Cappellaro (fonte)
Erano circa le 10.50, ero con mio zio. Arrivati al portico di fronte alla stazione e coperti da una colonna che la nascondeva, c’era gente che ci passava davanti completamente coperta di polvere ,dai capelli alle scarpe, gente con macchie di sangue, gente che imprecava e bestemmiava. Come mi spostai e vidi ciò che la colonna copriva i brividi mi trapassarono il mio corpo. Brividi che riprovo ogni volta che penso a quei momenti, ogni volta che passo davanti a quella colonna, ogni volta che passo per la stazione, ogni volta che passo di fronte alla casa del mio compagno di scuola che quel giorno perse la mamma. Brividi che ogni 2 agosto trapassano il mio corpo.
Roberto Marzano (fonte)
La stazione dei treni.
uno, due, tre, dieci, venti, cinquanta, settantasei alla prima conta. Ottantacinque al definitivo. Centinaia i feriti. Ma la linea 30, segnata alle 10.30 in transito per viale Pietramellara, guidata dal babbo non sospettava nulla del genere e con puntualità girò a destra. La stazione dei treni non era più una stazione dei treni, era una cosa, una roba, senza senso o forma, polvere e macerie, gente ferita e grida, le ambulanze, le prime. La polizia.
Una bomba in stazione il due di agosto, chi ci avrebbe mai pensato. Mambro e Fioravanti, la p2, lo stato. Sicuramente lo stato lo sa. Non lo sanno gli autisti degli autobus tra cui il babbo, non lo sanno gli autisti dei taxi, i dipendenti della ferrovia, i lavoratori della Cigar, chi passava per caso, chi andava via, tornava, aspettava nella sala d’aspetto della seconda classe. Non lo so io nato nel 1985. Non lo sai tu. Non lo sanno i vigili del fuoco, i medici e le persone che da persone qualunque sono diventate testa e braccia di soccorsi improvvisati. Non lo sa ancora nemmeno l’autobus 37 con Agide Melloni e 16 ore di servizio come soccorritore.
Alberto Guidetti (fonte)