Maria Elena Boschi, sempre peggio. Ieri ha dichiarato che chi voterà no al prossimo referendum sulla riforma della costituzione (che porta il suo stesso nome) "non ha rispetto per il Parlamento". Si sono rizzate le orecchie di (quasi) tutti, “ma davvero ha potuto fare un'affermazione del genere?“ si sono chiesti i presenti e lei ha puntualizzato: si riferiva, ha spiegato, al lavoro fatto in Parlamento per approvare questa riforma e al lavoro che si dovrebbe fare di nuovo nel caso in cui passasse il no al referendum. In pratica il disaccordo è un ostacolo alla democrazia secondo la ministra e il Parlamento è la salvietta umidificata della banda di paninari che governa questo bistrattato Paese. Lui, Matteo, è andato alla Festa dell'Unità, che se ci pensate quest'anno suona ancora più grottesca del solito la parola "unità" applicata a un partito che è composto dalla banda di servetti e poi un rivolo di mille bande blande. Poi Renzi, al solito coerente solo con l'amore per se stesso, ha dichiarato di avere sbagliato a personalizzare troppo il referendum fingendo di dimenticare di essere incapace di interpretare in qualsiasi altro modo la politica. E cosa si è inventato il fantasioso Matteo per spersonalizzare? L'ha affiliato a una altro. Giuro. Il mandante di questa pessima riforma (non l'ha detto così ma il sottotesto è questo) sarebbe Giorgio Napolitano. Napolitano, il Presidente: quello che avrebbe dovuto essere una garanzia e invece è stato uno sfacelo. Il comunista più destrorso del west. Prima di avere la sventura dell'arrivo di Renzi, ovviamente. Quindi la geniale operazione simpatia del PD prevede di affibbiare la riforma Boschi non più a Renzi ma direttamente a Napolitano. Senza personalizzare, eh. Solo un po' di cognomizzazione, al massimo. Intanto in Rai si respira quella bella aria per cui anche se si dimettesse l'omino che ricarica la macchina del caffè diventerebbe immediatamente un idolo delle folle e dello sdegno. Buon segno: c'è tanto affetto per i governanti, evidentemente. Avanti così. Buon mercoledì.

Maria Elena Boschi, sempre peggio. Ieri ha dichiarato che chi voterà no al prossimo referendum sulla riforma della costituzione (che porta il suo stesso nome) “non ha rispetto per il Parlamento”. Si sono rizzate le orecchie di (quasi) tutti, “ma davvero ha potuto fare un’affermazione del genere?“ si sono chiesti i presenti e lei ha puntualizzato: si riferiva, ha spiegato, al lavoro fatto in Parlamento per approvare questa riforma e al lavoro che si dovrebbe fare di nuovo nel caso in cui passasse il no al referendum. In pratica il disaccordo è un ostacolo alla democrazia secondo la ministra e il Parlamento è la salvietta umidificata della banda di paninari che governa questo bistrattato Paese.

Lui, Matteo, è andato alla Festa dell’Unità, che se ci pensate quest’anno suona ancora più grottesca del solito la parola “unità” applicata a un partito che è composto dalla banda di servetti e poi un rivolo di mille bande blande. Poi Renzi, al solito coerente solo con l’amore per se stesso, ha dichiarato di avere sbagliato a personalizzare troppo il referendum fingendo di dimenticare di essere incapace di interpretare in qualsiasi altro modo la politica. E cosa si è inventato il fantasioso Matteo per spersonalizzare? L’ha affiliato a una altro. Giuro. Il mandante di questa pessima riforma (non l’ha detto così ma il sottotesto è questo) sarebbe Giorgio Napolitano. Napolitano, il Presidente: quello che avrebbe dovuto essere una garanzia e invece è stato uno sfacelo. Il comunista più destrorso del west. Prima di avere la sventura dell’arrivo di Renzi, ovviamente.

Quindi la geniale operazione simpatia del PD prevede di affibbiare la riforma Boschi non più a Renzi ma direttamente a Napolitano. Senza personalizzare, eh. Solo un po’ di cognomizzazione, al massimo.

Intanto in Rai si respira quella bella aria per cui anche se si dimettesse l’omino che ricarica la macchina del caffè diventerebbe immediatamente un idolo delle folle e dello sdegno. Buon segno: c’è tanto affetto per i governanti, evidentemente. Avanti così.

Buon mercoledì.