Il 12 agosto del 1944 i nazisti uccisero più di 560 persone a Sant’Anna di Stazzema in provincia di Lucca. Fra loro anche 107 bambini. Fu un eccidio a freddo, senza neanche motivazioni di guerra, perché si accanirono con crudeltà su vecchi, donne e minori. Con bombe, mitragliatrici e poi dando fuoco ai corpi. Quella strage efferata ha lasciato ferite aperte nella memoria, che hanno continuato a sanguinare anche perché non c’era stata alcuna giustizia per quei morti. Fino al 2014 quando finalmente la corte federale di Karlsruhe ha annullato la decisione della procura generale di Stoccarda che aveva negato la riapertura delle indagini per la strage nazista di Sant’Anna di Stazzema.
L’ex SS Gherard Sommer era già stato condannato all’ergastolo in Italia, insieme ad altri dieci ex militari tedeschi ma le condanne, confermate dalla Cassazione, non erano mai state eseguite. Nell’ottobre del 2012 la procura di Stoccarda decise di non chiedere l’imputazione a causa dell’impossibilità di provare le responsabilità individuali e l’aggravante della premeditazione ma i familiari delle vittime della strage fecero ricorso e hanno vinto. Ed è stato un passo importante non solo per i sopravvissuti alla strage riuniti nell’associazione dei Martiri di Sant’Anna di cui è stato al lungo presidente Enrico Pieri (scomparso nel dicembre 2021).
C’è un libro, profondo e toccante, che permette di capire – più di tanti saggi di storia – cosa sia stato davvero quell’eccidio, il più orrendo, fra i tanti compiuti in Italia dai nazisti. S’intitola Era un giorno qualsiasi (Terre di mezzo) e l’ha scritto il giornalista Lorenzo Guadagnucci dando voce alle memorie del padre Alberto Pancioli Guadagnucci che perse sua madre in quella strage. Quel giorno lui si salvò perché, invece di andare in paese, era andato in giro con un amico e il nonno Pasquale. Più di settanta anni dopo era ancora viva nella sua memoria l’immagine di sua madre stesa per terra, ancora cosciente, sotto un albero. «I capelli le erano diventati tutti bianchi». La ferita era troppo profonda e non fecero in tempo a soccorrerla. Rimasto solo Alberto fu adottato – per un destino crudele – da un ex fascista, da cui prese il cognome Pancioli, mentre Guadagnucci era il nome della madre che coraggiosamente, sfidando il moralismo dell’epoca, aveva cresciuto da sola questo bambino avuto da un uomo già sposato e che non l’aveva riconosciuto. Lorenzo, giornalista e scrittore, autore di molti libri fra i quali anche un importante libro-testimonianza, Eclisse di democrazia, sui fatti della Diaz durante il G8 di Genova vissuti sulla propria pelle, ne porta oggi il cognome.