Ad Amatrice la vita bloccata di colpo dalla scossa la riconosci dai particolari. I soccorsi che si muovono come fossero una persona sola e i terremotati de L'Aquila che vivono in soluzioni provvisorie a pochi chilometri di distanza

Amatrice – Gli occhi ancora umidi escono dalla zona rossa. I soccorritori li riconosci così, dal lampo particolare sul volto, dell’incubo visto qua sotto, e dalla polvere sugli scarponi; quelli coperti di polvere hanno i gesti lenti di un’umanità diversa, sono passati dall’altro lato. Forse non hanno potuto salvare tutti quelli che avrebbero voluto. Ormai si ritrovano solo persone senza vita ma ci si aspetta ancora qualche miracolo.  L’accesso alle case è stato ostruito dall’abnorme quantità di detriti e intere case crollate in stradine strette. Bisogna scavare piano, forse qualcuno è ancora vivo. Si richiede il silenzio, per cogliere il minimo fiacco grido d’aiuto. Fosse vivo un bimbo. È così che i Vigili del fuoco hanno tratte in salvo 238 persone da sotto le macerie.

La parola “macerie”, ad Amatrice si è materializzata, ha cambiato significato. Non sarà mai più la stessa. Un intero paese raso al suolo, e gli altri, Accumoli, Arquata del Tronto. Tetti, e soffitti a terra, come se i piani si fossero accasciati gli uni sugli altri. Strati di polvere. La zona rossa ha il sapore di una tragedia, causata dalla natura.

Più in là, su un tavolo i bicchieri sono ancora in piedi, si sarebbe bevuto e mangiato, all’Hotel Roma, si scorge la vita, prima dei fatali 142 secondi. Tempo sospeso, in una specie di Pompei contemporanea. Ma arrivano da tutti gli angoli d’Italia, in una lunga fila con i cofani pieni, di cibo e vestiti e abbracci. Parenti, soccorritori, medici infermieri volontari, semplici cittadini a dare una mano. È un cuore. Perché però quando è la natura a causare il dramma, si solidarizza di più che con i drammi causati dall’uomo? Lontananza o rimozione?

Dietro si profila Aleppo, da cinque anni, una popolazione annientata che sopravvive sotto le rovine, stessi o peggiori paesaggi perché li è guerra, bombe, armi di distruzione di massa, armi chimiche, anche illegali come fosforo e napalm, che cascano ogni giorno su civili inermi. Perché non gridiamo? Perché ad Aleppo non è arrivata la solidarietà? I media mondiali si gettano sui sopravvissuti italiani e i drammi di Gianna, Piero e gli altri. Spettacolarizzazione della morte in diretta. Ma che fine hanno fatto, Yusra, Ahmed e Ali? Li conosciamo, conosciamo i loro nomi e volti? Non abitano nemmeno i nostri schermi, non li salviamo neppure. Li lasciamo morire a mare. Dopo le bombe li lanciamo nella fossa comune. Fisso le macerie ma vedo fisso il volto di Omran (il bimbo siriano). E’ lui il vero volto che plana sopra tutto. Ma Aleppo non ci parla, Amatrice sì. Qua si hanno parenti, si viene a gustare la famosa pasta. Ai profughi siriani scampati, perché non apriamo le braccia? Anche loro sono scappati dalle macerie. Ma qua non c’è tempo per pensare. Il tempo accelerato dall’immensa emergenza, l’Italia che si muove unita, tutte le forze giunte sembrano un solo corpo.

 

Più in là, però sorgono i dubbi. A occhi nudi, si capisce la questione. La scuola elementare di Amatrice antisismica, avevano detto nel 2012, crollata di un colpo (fortunatamente in tempo di vacanze senza bambini dentro). E più in là, il campanile di Accumoli, anch’esso “ristrutturato”, ma crollato addosso ad un’intera famiglia con due bimbi. Si faranno i conti, si dovranno fare i conti, dei fondi anti-sismici non spesi per la riabilitazione a norma dei centri abitati della zona rossa dopo l’Aquila. Lei intanto è su tutte le bocche. Ad ogni scossa, è lei che si rammenta. Esattamente la stessa ora della notte. Le scosse ripetute stremano. Dal 24 agosto, non si dorme più o solo in tende nel giardino, persino se la casa è ancora in piedi, o nelle tendopoli allestite in fretta dalla protezione civile. 1000 scosse da quella notte, la popolazione è con i nervi a fior di pelle.

A Poggio Cancelli, un paese un po’ prima di Amatrice, incontro alcuni terremotati dell’Aquila, rialloggiati nei MAP, “Modulo Abitativo Provvisorio”, ovvero scatole di cemento. Da sette anni, vivono lì, lo Stato non ha mai ricostruito la casa crollata o dichiarata inagibile, in sette anni dopo lo show e le promesse show, non è cambiato nulla. Loro i terremotati Aquilani che giungono in segno di solidarietà, si augurano che gli abitanti di Amatrice non facciano la stessa fine.  Assurda ripetizione.