Putin è più leader di Obama e sull’Isis non dico nulla per non rivelare i miei piani. Donald Trump ha deciso che il suo successo passa per dire le cose che gli passano in mente senza filtri presidenziali e continua a farlo.
Non è stato un confronto diretto, ma è la prima volta che Hillary e Donald devono rispondere a domande simili in diretta Tv alla stessa ora e sullo stesso canale. Un match a distanza sui temi della sicurezza in un forum Tv dove l’audience era fatta da veterani e militari in servizio che facevano anche domande. Il tema non è tra quelli che agitano i sonni degli americani, ma può sempre tornare a esserlo. In questo caso, il compito del candidato è complicato: promettere sicurezza, leadership, primazia degli Stati Uniti senza mostrarsi eccessivamente falco in politica estera. Gli americani non vogliono guerre, sono stufi dell’Afghanistan e non vedono – come nessuno vede – strade semplici per uscire da conflitti complicati come quelli nei quali si sono cacciati sotto la presidenza Bush.
Da un punto di vista della preparazione e della capacità di rispondere sui temi internazionali e della sicurezza non c’è partita: Clinton è più preparata, ha più idee, sa di cosa parla. Ma si deve difendere ancora per le mail tenute su un server non sicuro giurando e spergiurando di non aver mai inviato da quell’account materiale segreto, confidenziale o top secret (vari gradi di segretezza). Il caso delle mail, minore per sostanza, perseguita Hillary, perché è una delle prove, sostengono coloro a cui la ex Segretario di Stato on piace, che di lei non ci si può fidare, che nasconde qualcosa. Donald Trump invece non fornisce dettagli su nulla e ribadisce affermazioni controverse già fatte nei comizi e su twitter.
Uno dei confronti più duri a distanza è stato sull’Iraq: Clinton ha promesso che non manderà nuovi soldati in Iraq (o in Siria) e che la guerra contro l’Isis si può vincere usando più intelligence, cooperazione e forza aerea. E poi è tornata ad ammettere che il suo voto a favore della guerra voluta da Bush nel 2003 è stato un errore. Trump accusa Clinton di avere il «grilletto facile» e ricorda il suo assenso all’Iraq, sostenendo di essere sempre stato contrario. Affermazione falsa, ma per Trump il problema non è dire la verità. Il conduttore delle due interviste è stato ferocemente criticato per non aver incalzato Trump su questo come su altri temi – mentre, dicono i critici, ha interrotto, pressato Clinton molte volte.
Su Putin, Trump ha citato il consenso interno del leader russo come prova della sua capacità di leadership: «Ha un consenso intorno all’82% mentre noi siamo un Paese diviso. È più leader di Obama e se dice delle cose gentili su di me, come ha fatto, lo ringrazierò». Un altro passaggio a vuoto, o un altro gancio ben assestato avrà pensato Trump, è quello sulle donne nell’esercito. Nel 2014 il candidato repubblicano a commentato l’aumento delle violenze sessuali nell’esercito twittando: «Cosa pensavano succedesse questi geni dopo che hanno messo uomini e donne assieme». Ieri ha ribadito il concetto, non spiegando bene se eliminerebbe le donne dalle forze armate. Le donne non sembrano amare particolarmente il candidato Trump e questa nuova uscita non aiuterà. Tanto più che, indicano i dati, le violenze a cui fa riferimento Trump sono per la maggior parte di uomini su uomini.
C’è un aspetto generale che va sottolineato. Proprio ieri Trump aveva tenuto un discorso sulla sicurezza nazionale spiegando che avrebbe cancellato i tagli al Pentagono, comprato navi, costruito aerei e arruolato truppe per aumentare la sicurezza. Il repubblicano è poi passato ad attaccare Clinton e Obama e non è entrato in particolari. Quello che doveva essere un policy speech, un discorso nel quale il candidato delinea una sua idea di cosa fare su un tema specifico, è diventato un comizio. Con un particolare: per mesi Trump ha spiegato che le guerre sono sbagliate, che bisogna lasciarli a fare le loro guerre civili, che bisogna allearsi con chiunque uccida terroristi e lasciarlo fare. L’idea, contrapposta alla Hillary dal grilletto facile, è quella tendenzialmente isolazionista. Ieri però ha sostenuto che dopo aver invaso per errore l’Iraq, bisognava almeno prendersi il petrolio «che così l’Isis non si sarebbe mai formato». Una tesi colonialista e difficile da dimostrare. Come è difficile da sostenere che armarsi di più e depredare il petrolio degli iracheni siano scelte isolazioniste. Ricordiamolo ancora una volta: per Trump il problema non è la coerenza.