Salvare la memoria racconta la bellezza di città antiche della Siria, come Palmira, ricordando com’era fino a cinque anni fa e com’è ora dopo essere stata a lungo nelle mani dei miliziani dell’Isis che hanno fatto saltare luoghi simbolo di questa antica città del deserto come il tempio di Baal e l’arco di Costantino. Ma non solo. La mostra ospitata, dal 15 settembre al 6 novembre, nelle sale del Museo di Sant’Eustorgio a Milano racconta anche tanti altri siti archeologici che purtruppo sono andati distrutti in Siria e in Iraq, in quella fertile fascia fra il Tigri e l’Eufrate dove si sviluppò la civiltà mesopotamica.
Frutto della collaborazione fra i maggiori esperti del Vicino Oriente – e dedicata alle vittime del sisma di Amatrice del 24 agosto scorso, dove ono andati perduti significativi beni artistici ed architettonici – questa importante iniziativa curata da Elena Maria Menotti con Sandrina Bandera permette di conoscere attraverso 500 fotografie, video e testimonianze di archeologi, restauratori e filologi la ricchezza storico-artistica e il passato multiculturale di terre devastate dall’Isis e in cui per millenni hanno convissuto pacificamente culti differenti, differenti modi di espressione artistica e molte lingue. Un passato per millenni politeista e tollerante che i jihadisti vorrebbero cancellare dalla storia distruggendo i resti archeologici che ne sono la testimonianza viva.
«Questa è una mostra corale, a cui ha lavorato tutto il comitato scientifico portando proprie proposte», racconta Menotti. «Abbiamo deciso di raccontare la lotta degli archeologi per salvare i monumenti antichi e il loro tentativoo di contrastare questa inaccettibile distruzione presentando al pubblico dieci figure di funzionari, archeologi, storici dell’arte, carabinieri del nucleo tutela che hanno dedicato la vita alla tutela e al recupero del patrimonio culturale».
Fra loro anche Fabio Maniscalco, Marco Briganti che è morto a Nassiriya e Khaled al -Asaad, il “custode di Palmira” decapitato dall’Isis nell’agosto 2015. «Questa mostra è dedicata a lui e a tutti coloro che sono vissuti e vivono per salvare la memoria», sottolinea la curatrice. Come nell’anteprima avvenuta a Mantova l’anno scorso , il percorso espositivo milanse allarga lo sguardo anche alla seconda mondiale e allo straordinario lavoro di recupero di opere d’arte trafugate dai nazisti grazie all’impegno di 007 dell’arte come Siviero, come il nucleo americano dei Monument’s men ed “eroi civili” come Pasquale Rotondi che salvò diecimila opere d’arte italiane durante la guerra.
L’obiettivo è ripercorrere e studiare in particolare la lunga sequenza di feroci distruzioni del patrimonio universale avvenute dagli anni Novanta in poi: in Afghanistan quando i talebani fecero saltare le monumentali statue dei Buddha di Bamiyan, in Yemen ad opera di Al-Qaeda e dell’Isis, in Iraq a causa dell’invasione Usa e più di recente per i sistematici attacchi e saccheggi messi in atto dai miliziani dell’Isis. In Mali, dove i fondamentalisti hanno bruciato gli antichi manoscritti della biblioteca di Timbuctu, attacco sul quale il 27 settembre si pronuncerà il tribunale dell’Aja. L’Unesco e l’Onu parlano, per tutti questi differenti casi, di «epurazione culturale» e di «crimini contro l’umanità». Fin dai tempi della guerra nella ex jugoslavia. Una guerra feroce in cui persero la vita tantissimi giovani. Fra loro anche Fabio Maniscalco «che cercò di salvare e documentare il patrimonio della Bosnia, ammalandosi gravemente», ricorda Menotti. Ancora giovanissimo, aveva sviluppato esperienze pionieristiche nella tutela del patrimonio culturale a rischio in varie parti del mondo: a Sarajevo, in Albania, in Medio Oriente e in Kosovo. Nel 2008, poco più che trentenne, Maniscalco è morto per un tumore provocato dall’esposizione all’uranio impoverito che nei Balcani.( La sua storia è raccontata nella bella biografia Oro dentro, un archeologo in trincea Skira) di Laura Sudiro e Giovanni Rispoli.
« Come ha scritto Stefano De Caro dell’Iccrom in un importante intervento al Parlamento europeo che riproponiamo in sintesi nel catalogo della mostra- approfondisce Menotti – dobbiamo salvare la memoria per tutti non solo per noi che viviamo in una situazione democratica, ma soprattutto per chi vive in situazioni di crisi e di guerra, per chi in quei Paese si impegnerà nella ricostruzione», rimarca la curatrice di Salvare la memoria. «È fuori dubbio che l’accesso alla cultura e all’arte faccia parte dei diritti umani. La cultura è fondamentale anche per poter combattere per i propri diritti».