Il dato politicamente più significativo tra le cifre che spuntano dal rapporto annuale dell’OCSE sull’istruzione (Education at a glance 2016) è quello che certifica che i governi che si sono avvicendati in Italia negli ultimi dieci si sono distinti per una pervicace sottrazione di risorse all’istruzione pubblica. Infatti, il rapporto OCSE avverte che «in Italia, il livello relativamente basso della spesa pubblica per l’istruzione non è riconducibile al basso livello della spesa pubblica in generale, bensì al fatto che all’istruzione sia attribuita una quota del bilancio pubblico relativamente esigua». Una constatazione che trova conferma nel confronto sulla diffusione del fenomeno della disaffezione allo studio tra il nostro paese e realtà nazionali che soffrono particolarmente l’attuale crisi economica, come la Grecia e la Spagna. Da noi gli abbandoni precoci dai percorsi scolastici sono cresciuti molto più che altrove. Insomma, quelle misure che hanno impoverito la scuola italiana non sono state dettate da improrogabili necessità economiche ma da inequivocabili scelte politiche. C’erano e ci sono le condizioni per offrire un’istruzione di qualità e accogliente per chi è sventaggiato. Ma si è scelto di non farlo. Si è voluto ingolfare il principale motore della mobilità sociale nel nostro paese, cioè la scuola, rendendo l’impegno scolastico dei nostri ragazzi sempre meno determinante per il loro futuro. La conseguenza più grave di questa politica è la condanna delle nuove generazioni all’ignoranza, alla passività e alla povertà. Con la cosiddetta “Buona scuola”, poi, non c’è alcuna inversione di tendenza. Del resto, il documento di presentazione della “Buona scuola” conteneva l’ingannevole dichiarazione che nelle condizioni economiche attuali un’amministrazione statale non può permettersi di offrire l’istruzione a tutti i cittadini. Chi ha ideato questa “riforma” non è stato neanche sfiorato dal proposito di restituire ai nostri studenti le ore di scuola sottratte ad alcuni insegnamenti fondamentali dai tagli di Tremonti e di Gelmini. Una simile riparazione avrebbe significato invertire la rotta. Ma manca, appunto, la volontà politica. In linea con questa volontà distruttiva e con il pretesto di introdurre un sistema meritocratico, sono stati congelati gli scatti di anzianità, rendendo sempre più poveri gli stipendi degli insegnanti di scuola, impastoiati nelle aumentate incombenze burocratiche ed estenuati dalle accresciute cause di conflitto con colleghi e dirigenti. Nella più completa indifferenza di una classe dirigente responsabile del degrado culturale, sociale ed economico del nostro paese.