Il regime di Addis Abeba semina violenza nel Paese del Corno d'Africa e gli etiopi in Italia dicono basta. Questo pomeriggio, un nutrito gruppo di etiopi residenti nel nostro Paese (in tutto sono oltre 20.000) si è dato appuntamento per manifestare la vicinanza ai tanti connazionali che in patria sono stati recentemente vittima di massacri, arresti e sparizioni di migliaia di oppostori, compresi studenti e giornalisti.
[caption id="attachment_85430" align="alignright" width="189"] Feyisa Lilesa a Rio[/caption]
Iniziative analoghe sono in corso di svolgimento in contemporanea in altriPaesi, grazie alle comunità etiopi locali che stanno mettendo una protesta simbolica: il gesto delle braccia legate dalle manette che Feyisa Lilesa, l’atleta etiope di etnia Oromo che ha conquistato l’argento alla maratona alle ultime Olimpiadi di Rio, ha fatto al taglio del traguardo in segno di protesta.
Da novembre scorso, spiegano gli organizzatori della manifestazione romana, le numerose iniziative di protesta sparse nel Paese hanno spinto il governo etiope a mettere in atto una vera e propria strategia del terrore con i connotati della guerra interetnica. Amnesty Intarnational parla di una crisi umanitaria senza precedenti negli ultimi anni, soprattutto per l'enorme numero di persone proenienti dalla regione Oromia arrestate. Gli oromo sono il 34% della popolazione e già alla fine dello scorso anno avevano iniziato a protestare contro il piano del governo di allontanare forzatamente decine di migliaia di abitanti dalle proprie terre d’origine inglobandole in una macroregione controllata dalal capitale Addis Abeba. Il vero obiettivo di questo piano (poi ritirato ma gli oromo non si fidano), spiegano i manifestanti, è di svendere quelle terre a imprese se gruppi affaristici spesso occidentali o mediorientali.
Oltre agli oromo, anche l'etnia degli amhara (che rappresenta il 27% della popolazione etiope e che si era associata alla richiesta di fermare la discriminazione etnica) è in agitazione da settimane, dopo che le forze dell'ordine hanno accusato i leader della comunità accisandoli di attività criminali. Tra il 6 e il 7 agosto scorsi, la più grande mobilitazione che l’Etiopia abbia mai conosciuto dalla fine della dittatura del Derg è stata repressa nel sangue, con più di cento morti, e altre 70 sono le vittime delle manifestazioni del 29 agosto nel distretto di Gondar.
Nel corso della manifestazione di oggi davanti alla Camera, la comunità etiope ha incontrato il presidente della Commissione affari esteri e comunitari Arturo Scotto e chiedendo con una lettere-appello allo Stato italiano (che - ricordano - è anche partner commerciale del Paese africano) di fare pressione sul governo etiope per mettere immediatamente fine alle violenze, liberare i prigionieri politici e permettere l’ingresso in Etiopia di osservatori stranieri inviati sotto le insegne delle Nazioni Unite, con lo scopo di investigare e individuare le responsabilità di queste atrocità. Scotto a ha assicurato che porterà la questione all'attenzione delle Camere e dell'esecutivo, oltre che davanti alla commissione Diritti umani, che potrebbe presto ricevere in audizione una delegazione della comunità etiope in Italia.
Il regime di Addis Abeba semina violenza nel Paese del Corno d’Africa e gli etiopi in Italia dicono basta. Questo pomeriggio, un nutrito gruppo di etiopi residenti nel nostro Paese (in tutto sono oltre 20.000) si è dato appuntamento per manifestare la vicinanza ai tanti connazionali che in patria sono stati recentemente vittima di massacri, arresti e sparizioni di migliaia di oppostori, compresi studenti e giornalisti.
Iniziative analoghe sono in corso di svolgimento in contemporanea in altriPaesi, grazie alle comunità etiopi locali che stanno mettendo una protesta simbolica: il gesto delle braccia legate dalle manette che Feyisa Lilesa, l’atleta etiope di etnia Oromo che ha conquistato l’argento alla maratona alle ultime Olimpiadi di Rio, ha fatto al taglio del traguardo in segno di protesta.
Da novembre scorso, spiegano gli organizzatori della manifestazione romana, le numerose iniziative di protesta sparse nel Paese hanno spinto il governo etiope a mettere in atto una vera e propria strategia del terrore con i connotati della guerra interetnica. Amnesty Intarnational parla di una crisi umanitaria senza precedenti negli ultimi anni, soprattutto per l’enorme numero di persone proenienti dalla regione Oromia arrestate. Gli oromo sono il 34% della popolazione e già alla fine dello scorso anno avevano iniziato a protestare contro il piano del governo di allontanare forzatamente decine di migliaia di abitanti dalle proprie terre d’origine inglobandole in una macroregione controllata dalal capitale Addis Abeba. Il vero obiettivo di questo piano (poi ritirato ma gli oromo non si fidano), spiegano i manifestanti, è di svendere quelle terre a imprese se gruppi affaristici spesso occidentali o mediorientali.
Oltre agli oromo, anche l’etnia degli amhara (che rappresenta il 27% della popolazione etiope e che si era associata alla richiesta di fermare la discriminazione etnica) è in agitazione da settimane, dopo che le forze dell’ordine hanno accusato i leader della comunità accisandoli di attività criminali. Tra il 6 e il 7 agosto scorsi, la più grande mobilitazione che l’Etiopia abbia mai conosciuto dalla fine della dittatura del Derg è stata repressa nel sangue, con più di cento morti, e altre 70 sono le vittime delle manifestazioni del 29 agosto nel distretto di Gondar.
Nel corso della manifestazione di oggi davanti alla Camera, la comunità etiope ha incontrato il presidente della Commissione affari esteri e comunitari Arturo Scotto e chiedendo con una lettere-appello allo Stato italiano (che – ricordano – è anche partner commerciale del Paese africano) di fare pressione sul governo etiope per mettere immediatamente fine alle violenze, liberare i prigionieri politici e permettere l’ingresso in Etiopia di osservatori stranieri inviati sotto le insegne delle Nazioni Unite, con lo scopo di investigare e individuare le responsabilità di queste atrocità. Scotto a ha assicurato che porterà la questione all’attenzione delle Camere e dell’esecutivo, oltre che davanti alla commissione Diritti umani, che potrebbe presto ricevere in audizione una delegazione della comunità etiope in Italia.