Il fascino del bianco e nero. Di un cinema senza parole, fatto di primi piani. La stagione d’oro della settima arte rivive ogni anno a Pordenone grazie alla Cineteca del Friuli. Dal primo all’8 ottobre al Teatro Verdi un’intensa settimana di film e musica dal vivo aspetta i cinefili al Teatro comunale Verdi con la trentacinquesima edizione delle Giornate del cinema muto. Ad inaugurare l’edizione 2016 è The Mysterious Lady (La donna misteriosa, 1928), dramma romantico diretto da Fred Niblo in cui la Divina veste i panni di una spia russa. Mentre dal vivo 61 elementi dell’Orchestra San Marco di Pordenone diretti dal Maestro Carl Davis eseguono una partitura tratta dalla Tosca di Puccini evocata nel film. A contrassegnare l’apertura contribuisce anche un omaggio a Nizza colpita dall’attentato del 14 luglio scorso, con il cortometraggio À propos de Nice (1930) di Jean Vigo. E poi cult, inediti e ritrovamenti in storici archivi cinematografici come il Danske Filminstitut di Copenhagen da cui è riemerso L’onore riconquistato (1913), un film italiano creduto perduto che contiene rare scene della guerra italo-turca in Libia. E molto, molto, altro. Abbiamo chiesto al direttore delle Giornate del cinema muto, Jay Weissberg di guidarci nel fitto programma, ecco cosa ci ha detto:
Jay Weissberg, nel film La donna misteriosa, Greta Garbo, nelle vesti di una spia russa, tornava ad evocare Mata Hari?
È stupefacente vedere come sia ancora forte, dopo un secolo, l’immagine di Mata Hari… Se non esistesse, dovremmo inventarla! Tendiamo subito a pensare a Mata Hari ogni volta che si pronunciano le parole “donna, spia seducente”. La Garbo interpretò Mata Hari nel 1931. Alcune caratteristiche di quel personaggio tornano in Tania Fedorova, La donna misteriosa. La storia è ambientata negli anni che precedono la prima guerra mondiale. Lei è una spia russa che fa di tutto per raccogliere informazioni dagli austriaci. Quello che non ha previsto è di innamorarsi dell’uomo che doveva sedurre. La cosa notevole del film, a parte la sua assoluta bellezza visiva, è che la Garbo si realizza, finalmente, come Garbo. Non è più la tentatrice da fumetto di The Temptress o Flesh and the Devil, ma una donna di avvolgente sensualità, con un cuore vero, che batte. Il regista, Fred Niblo, tratta la sua bellezza da “feticista”, eppure riesce a creare una figura in carne e ossa, ed è impossibile non rimanere a bocca aperta quando siamo seduti a guardarla, ci incanta.
L’altra protagonista assoluta di questa edizione è Francesca Bertini che accettò una grande sfida: interpretare Shakespeare, senza pronunciare i suoi versi, puntando tutto sull’espressività del volto e dei gesti.
Credo che il pubblico resterà sorpreso vedendo la riuscita di questi film shakespeariani e la loro efficacia narrativa; per non parlare della qualità della recitazione. Sono stati girati per un pubblico che aveva una buona conoscenza delle opere teatrali, il punto non era raccontare la trama per intero, ma rendere vivi passi ben noti che sarebbero stati riconosciuti da tutti. La Bertini aveva solo 18 anni, e in queste opere si esprime in modo meravigliosamente contenuto. Non è ancora la diva. Anche se non dimentichiamo che fu sempre un’interprete molto più naturale rispetto a tante sue colleghe, senza la loro gestualità esibita e stereotipata. Le scene con Ermete Novelli nel Re Lear, specie quando nelle vesti di Cordelia consola suo padre, sono toccanti perché comunicano la pienezza delle emozioni senza avere bisogno di parole.
La terza personalità femminile che spicca nel programma di quest’anno è Tilde Kassay, che tipo di diva era?
I misteri sono sempre affascinanti, e Tilde Kassay lo è stata e lo rimane: non sappiamo nemmeno i suoi dati anagrafici. Sappiamo solo che comincia a fare cinema nel 1915 e finisce dopo il 1921, anche se i critici lodavano la sua bellezza e che scrivevano che era un’attrice promettente. Se dovessi definire il suo stile direi che è un interessante mix fra Francesca Bertini e Pina Menichelli, con la sensualità di quest’ultima resa in modo particolarmente evidente in Nanà.
Qual è l’importanza di questo ritrovamento da parte dallo stesso Museo del Cine “Pablo Ducros Hicken” che otto anni fa riscoprì le scene perdute di Metropolis?
Una riscoperta notevole, sotto molti punti di vista: il film fu realizzato nel 1917, non poté essere distribuito prima del 1919 perché la censura insisteva su tagli ripetuti. Non dimentichiamoci che Zola era considerato autore scandaloso. La copia che proiettiamo a Pordenone proviene dallo stesso collezionista privato che possedeva le scene mancanti di Metropolis, e anche se non è una versione integrale, abbiamo scoperto che non è presa dalla versione del 1919 distribuita in Italia, ribattezzata col titolo Una donna funesta, ma dalla versione non censurata del 1917, che dev’essere quella distribuita in Argentina. Basta guardare la danza ammaliante della Kassay – davvero Mata Hari! – e si capisce perché i censori si siano adirati.
Quali altre “chicche” usciranno quest’anno dal cappello magico delle Giornate?
Oh, tante, tante! La prima mondiale della partitura riscoperta de Il ladro di Bagdad è uno “scoop”, dato che la composizione originale di Mortimer Wilson non è mai stata più ascoltata dagli anni venti, anche se era stata definita un capolavoro dai critici dell’epoca. C’è anche la bellezza dei nostri 120 anni di cinema a Venezia, con 9 film Lumière degli anni 1896-1898 girati nella Serenissima. Sull’onda del successo della proiezione-maratona di Les misérables di Henri Fescourt, quest’anno presentiamo il bellissimo Monte-Cristo dello stesso regista (solo 218 minuti!). Penso che possa stimolare qualche curiosità il nostro speciale sulle elezioni presidenziali americane. Vedere questi cinegiornali, del periodo 1896-1924, permette di contestualizzare tutto ciò che stiamo vedendo oggi.
Il festival è in stretto rapporto con altri festival del muto a Londra e in altre parti del mondo. Chi sono oggi gli amanti di questi incunaboli del cinema?
Credo che il numero in continua crescita di proiezioni di film muti – che poi non sono silenziosi ma con accompagnamenti musicali dal vivo, com’era all’epoca – insieme alla quantità di festival di cinema muto che sono fioriti siano una prova del successo del messaggio diffus dalle Giornate del muto : questi film non sono pittoresche curiosità, ma una forma fondamentale di arte. Quella contro i pregiudizi è una lotta faticosa, non c’è dubbio, ma comincia ad essere recepito il messaggio che vedere il cinema muto ci rende ancora più consapevoli della bellezza visiva del cinema, di qualsiasi epoca.
Come è cambiato il pubblico in questi 35 anni di vita del festival?
Penso che le persone interessate al cinema muto in passato fossero perlopiù appassionati dilettanti. Oggi c’è un numero crescente di professori e conservatori – mi sembra che i restauratori di film siano diventati un gruppo davvero vivo, e per tanti di loro la passione si è accesa grazie alle Giornate del muto. Festival come il San Francisco Silent Film Festival e l’Istanbul Silent Film Festival che arriva alla terza edizione a dicembre sono stati ispirati dall’esperienza di Pordenone. E mi emoziona scoprire che rimaniamo un festival molto “ambito”: le persone conoscono la nostra buona reputazione, e comunicano il loro desiderio di partecipare. Una decina di giorni fa, il critico del New York Times Manohla Dargis ha scritto un pezzo in cui parlava dell’identità incerta del Toronto Film Festival, mettendolo a confrontocon tre altri tre festival con profili invece, a suo avviso, ben definiti: Cannes, Sundance, e … Pordenone. Siamo in ottima compagnia!
Qui il programma completo:
didascalie foto: Poster delle Giornate del Cinema Muto 2016 / Douglas Fairbanks, il ladro di Bagdad
Credits: Margaret Herrick Library – Academy of Motion Picture Arts and Sciences.
Greta Garbo, La donna misteriosa, (1928) di Fred Niblo credits: John Kobal Foundation
Douglas Fairbanks, Il ladro di Bagdad, US 1924) di Raoul Walsh, Credits: Photoplay Productions