«9.369 parole, 480 periodi. E in ogni periodo non più di 20 parole. Così l’avevano pensata e poi scritta la nostra Carta i costituzionalisti di allora. Perché la capissero tutti. Anche quelli che avevano la terza media». Oggi questa Riforma è incomprensibile e, per provarlo, sabato scorso dal palco di Palermo, Grillo ha citato la modifica all’art. 70. Solo una delle tante cose contro cui ha gridato da quel palco. Sui quotidiani è arrivato ben poco. Al solito. Il suo intervento, più o meno, è stato riassunto dai media in due passaggi: 1. Grillo ha detto che torna a fare il capo. 2. Grillo ha detto che il nostro premier è un “menomato morale”. Il piombo restante era per le beghe reali o presunte della “classe dirigente” grillina. Una veloce ricerca su youtube e 27 minuti di tempo. Io il video dell’intervento l’ho visto. E ci sono cose che, in qualche modo, ritengo indimenticabili. Quasi un avvertimento per chi sta a sinistra. Un sussulto. Il leader risorto “dal lato” - racconta - non riesce a stare a lato. La notte non dorme, ha la gastrite, sente l’obbligo impellente di immaginare un altro mondo: «Voi che avete la mia età - apostrofa il pubblico che lo ascolta - ve lo ricordate quel sentimento del vaffanculo? Ve la ricordate quella ribellione? Ecco noi dobbiamo cercare di trasmetterlo a questa generazione che non lo conosce». La capacità di ribellarsi, di rifiutare questa politica e ricominciare «a fare le cose per gli altri». Ha detto così. E ha aggiunto: «Quello che dicono e poi scrivono di noi è una proiezione di quello che sono loro. Loro non percepiscono più le emozioni degli altri, perché non hanno emozioni». E poi «siamo nati dalla rabbia buona, e la abbiamo portata dentro le istituzioni perché è una rabbia non violenta». «Voi, noi, siamo dei disadattati, siamo “costretti” a immaginare un altro mondo». Cita Joseph Stiglitz, Muhammad Yunus, padre del microcredito moderno, la Blue Economy, racconta di come aveva previsto il crack della Parmalat già due anni prima e solo leggendo un bilancio. Perché lui è «un ragioniere» precisa. Perde la calma parlando di Jobs act e di flessibilità: «Flessibile vuol dire che si flette ma poi torna allo stato di prima, questa è una presa per il culo invece». E chiede il reddito di cittadinanza, per iniziare, e poi quello universale. Perché prima devi avere un reddito e poi ti vai a cercare un lavoro. E perché quella che dobbiamo costruire è «l’economia della conoscenza e della solidarietà, nessuno deve rimanere indietro e non si tratta di essere passionevoli ma di avere i coglioni. Perché la povertà è un bellissimo concetto filosofico ma oggi è miseria e la miseria è una cosa seria». E urla sempre, e perde la voce. È sboccato Grillo non c’è dubbio. Stesso giochino con Virginia Raggi. Le uniche cose che avete letto sui giornali sono un balletto, indecente per i nobili colleghi giornalisti, e un termine detto e ridetto “bello, bellissimo”. Ma anche qui, per onestà, se avete tempo e voglia, ascoltate i 14 minuti di intervento del sindaco di Roma che, dopo aver ripetuto più volte “bello e bellissimo”, ha - con altre parole - espresso tre concetti: 1. dobbiamo ricominciare a «fare ciò che serve. Per gli altri». 2. «il futuro è nelle nostre mani. Mani libere». 3. «il No alle Olimpiadi ha messo paura al potere. E il No al Referendum li seppellirà», facendo riferimento alla classe di governo. Parole semplici. Già immagino le critiche: volgare, demagogico, populista, un movimento pericoloso, la politica è altra cosa, la democrazia poi, figuriamoci. Sì certo, la politica è altra cosa, la democrazia pure. Io però la mattina del lunedì dopo Palermo, in uno studio televisivo, accanto a me avevo Italo Bocchino che mi spiegava quanto fosse fondamentale tornare al proporzionale per permettere a Renzi di governare con Berlusconi: Pd+Pdl, «l’unica soluzione possibile». Anzi, Bocchino si è preso la briga di spiegarmi la riforma all’Italicum su cui già si lavora, in accordo tra le parti: se la sera delle elezioni nessuno raggiunge il 40%, si passa al sistema proporzionale, che permette alleanze. E sarà possibile governare. Ancora. Insomma, le truppe - le solite - si riorganizzano. Chiaro? E io ho avuto un sussulto. Per chi sta a sinistra, se questa è l’alternativa, alternativa non c’è. Rimane Grillo e quella rabbia buona. Perché la Sinistra - al momento - non perviene o non produce sussulti. Non fa le cose per gli altri. Ci ruberà anche il No Grillo, ho pensato. Persino quell’indomabile senso di ribellione che “obbliga” a “immaginare un altro mondo”. Perché la sinistra che viviamo si è persa nei giochini. Non ha forza, neanche quella di dire No. Produce No parziali o si perde a distinguere un No dall’altro, in un’infinito gioco al ribasso o al rialzo che uccide tutto. Ve la ricordate invece - dice Grillo - «quella roba di quando avevate 20 anni»? Quel sentimento, la reazione a fior di pelle, la ribellione? Io sì. [su_divider text="In edicola" style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]

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«9.369 parole, 480 periodi. E in ogni periodo non più di 20 parole. Così l’avevano pensata e poi scritta la nostra Carta i costituzionalisti di allora. Perché la capissero tutti. Anche quelli che avevano la terza media». Oggi questa Riforma è incomprensibile e, per provarlo, sabato scorso dal palco di Palermo, Grillo ha citato la modifica all’art. 70. Solo una delle tante cose contro cui ha gridato da quel palco. Sui quotidiani è arrivato ben poco. Al solito. Il suo intervento, più o meno, è stato riassunto dai media in due passaggi: 1. Grillo ha detto che torna a fare il capo. 2. Grillo ha detto che il nostro premier è un “menomato morale”. Il piombo restante era per le beghe reali o presunte della “classe dirigente” grillina. Una veloce ricerca su youtube e 27 minuti di tempo. Io il video dell’intervento l’ho visto. E ci sono cose che, in qualche modo, ritengo indimenticabili. Quasi un avvertimento per chi sta a sinistra. Un sussulto. Il leader risorto “dal lato” – racconta – non riesce a stare a lato. La notte non dorme, ha la gastrite, sente l’obbligo impellente di immaginare un altro mondo: «Voi che avete la mia età – apostrofa il pubblico che lo ascolta – ve lo ricordate quel sentimento del vaffanculo? Ve la ricordate quella ribellione? Ecco noi dobbiamo cercare di trasmetterlo a questa generazione che non lo conosce». La capacità di ribellarsi, di rifiutare questa politica e ricominciare «a fare le cose per gli altri». Ha detto così. E ha aggiunto: «Quello che dicono e poi scrivono di noi è una proiezione di quello che sono loro. Loro non percepiscono più le emozioni degli altri, perché non hanno emozioni». E poi «siamo nati dalla rabbia buona, e la abbiamo portata dentro le istituzioni perché è una rabbia non violenta». «Voi, noi, siamo dei disadattati, siamo “costretti” a immaginare un altro mondo». Cita Joseph Stiglitz, Muhammad Yunus, padre del microcredito moderno, la Blue Economy, racconta di come aveva previsto il crack della Parmalat già due anni prima e solo leggendo un bilancio. Perché lui è «un ragioniere» precisa. Perde la calma parlando di Jobs act e di flessibilità: «Flessibile vuol dire che si flette ma poi torna allo stato di prima, questa è una presa per il culo invece». E chiede il reddito di cittadinanza, per iniziare, e poi quello universale. Perché prima devi avere un reddito e poi ti vai a cercare un lavoro. E perché quella che dobbiamo costruire è «l’economia della conoscenza e della solidarietà, nessuno deve rimanere indietro e non si tratta di essere passionevoli ma di avere i coglioni. Perché la povertà è un bellissimo concetto filosofico ma oggi è miseria e la miseria è una cosa seria». E urla sempre, e perde la voce. È sboccato Grillo non c’è dubbio.
Stesso giochino con Virginia Raggi. Le uniche cose che avete letto sui giornali sono un balletto, indecente per i nobili colleghi giornalisti, e un termine detto e ridetto “bello, bellissimo”. Ma anche qui, per onestà, se avete tempo e voglia, ascoltate i 14 minuti di intervento del sindaco di Roma che, dopo aver ripetuto più volte “bello e bellissimo”, ha – con altre parole – espresso tre concetti: 1. dobbiamo ricominciare a «fare ciò che serve. Per gli altri». 2. «il futuro è nelle nostre mani. Mani libere». 3. «il No alle Olimpiadi ha messo paura al potere. E il No al Referendum li seppellirà», facendo riferimento alla classe di governo. Parole semplici. Già immagino le critiche: volgare, demagogico, populista, un movimento pericoloso, la politica è altra cosa, la democrazia poi, figuriamoci. Sì certo, la politica è altra cosa, la democrazia pure. Io però la mattina del lunedì dopo Palermo, in uno studio televisivo, accanto a me avevo Italo Bocchino che mi spiegava quanto fosse fondamentale tornare al proporzionale per permettere a Renzi di governare con Berlusconi: Pd+Pdl, «l’unica soluzione possibile». Anzi, Bocchino si è preso la briga di spiegarmi la riforma all’Italicum su cui già si lavora, in accordo tra le parti: se la sera delle elezioni nessuno raggiunge il 40%, si passa al sistema proporzionale, che permette alleanze. E sarà possibile governare. Ancora. Insomma, le truppe – le solite – si riorganizzano. Chiaro?
E io ho avuto un sussulto. Per chi sta a sinistra, se questa è l’alternativa, alternativa non c’è. Rimane Grillo e quella rabbia buona. Perché la Sinistra – al momento – non perviene o non produce sussulti. Non fa le cose per gli altri. Ci ruberà anche il No Grillo, ho pensato. Persino quell’indomabile senso di ribellione che “obbliga” a “immaginare un altro mondo”. Perché la sinistra che viviamo si è persa nei giochini. Non ha forza, neanche quella di dire No. Produce No parziali o si perde a distinguere un No dall’altro, in un’infinito gioco al ribasso o al rialzo che uccide tutto. Ve la ricordate invece – dice Grillo – «quella roba di quando avevate 20 anni»? Quel sentimento, la reazione a fior di pelle, la ribellione? Io sì.

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