Crollo delle Borse, un terremoto peggiore della Brexit; ecatombe di posti di lavoro, aumento della povertà e dei poveri, fuga degli investitori e poi il bail-in e l’incubo dello spread. Davvero se il 4 dicembre dovesse vincere il No al referendum costituzionale ci capiterà tutto questo? E una domanda su tutte: ma è proprio colpa della Carta del 1948 se ci troviamo in mezzo alla più difficile crisi economica dall’unità d’Italia? «No, guardi, la Costituzione non c’entra niente. Non fosse perché non si sono mai sognati di attuarla!», taglia corto Marco Bertorello, studioso genovese, autore di testi su debito, euro, movimento sindacale.
Un’ansiogena copertina dell’Economist (un pullman con la fiancata tricolore, in bilico sul ciglio di un burrone), alcuni articoli sui quotidiani statunitensi, una serie di allarmi lanciati da Goldman Sachs e Morgan Stanley, infine le cifre fornite dal centro studi di Confindustria hanno aperto una danza di titoloni allarmistici, uno storytelling traumatico che entra a gamba tesa nella campagna referendaria.
Secondo Viale dell’Astronomia, il Pil calerebbe di 1,7 punti (0,7 nel 2017, -1,2 nel 2018, risalendo soltanto dello 0,2 nel 2019), con una ricaduta di 589 euro pro-capite contro una crescita prevista del 2,3%. Sparirebbero gli investimenti (-1,6 nel 2017, -7 nel 2018 e -3,9% nel 2019), con 258mila nuovi posti di lavoro in meno contro i 319mila previsti; 430mila i nuovi poveri e altri 600mila posti di lavoro persi. «Confindustria teme che si blocchino le riforme strutturali ma è proprio una bufala: se qualcuno riesce a dimostrarmi che l’abolizione del Cnel fa riprendere l’economia parto domani, e a piedi, per Compostela», dice Vladimiro Giacchè, autore tra l’altro di Costituzione italiana contro Trattati europei (Imprimatur 2015). «Sono proprio curioso di capire – continua – quali modelli econometrici siano stati adoperati per fornire quelle cifre: quelle di Confindustria ricordano le previsioni catastrofiche usate per la Brexit e che si sono dimostrate un boomerang per chi le sosteneva. Nessuno è riuscito a dare un argomento in positivo per il “Remain” ma solo allarmismo. Così, dopo il voto britannico s’è scoperto che tutti gli scenari horror sono stati smentiti come la recessione del 5% il primo anno. Addirittura ci sarebbe in corso una sorta di mini boom. Siamo davanti a ragionamenti non scientifici ma legati a interessi specifici».
Insomma, si fa molto terrorismo confondendo discorsi diversi, avvertono tutti gli interlocutori di Left. E tutti ricordano quella lettera di JpMorgan, banca d’affari sotto processo per i disastri del 2008, che esortava tre anni fa i governi del Sud Europa a liberarsi dalle Costituzioni nate dalla resistenza antifascista, troppo influenzate dalle idee socialiste: “I sistemi politici e costituzionali del sud presentano le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti; governi centrali deboli nei confronti delle regioni; tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori (…) e la licenza di protestare se sono proposte modifiche sgradite dello status quo. La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste caratteristiche. I Paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali, e abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle Costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), e dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia)”.
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