«Il partito dell’antipolizia entra in Senato, e sotto la guida dell’instancabile Manconi»: Franco Maccari, segretario del Coisp, piccolo sindacato di polizia, stavolta tuona contro la proiezione in Senato, annunciata per il prossimo 20 ottobre, di “Archiviato, l’obbligatorietà dell’azione penale in Val Susa”, un film che documenta come gli illeciti commessi da agenti e funzionari di pubblica sicurezza ai danni di manifestanti o fermati, ampiamente documentati dai media, non determinino, specialmente a Torino, i medesimi esiti giudiziari di quelli commessi dai manifestanti. «Centinaia di denunce e procedimenti penali avviati nei confronti di attivisti e simpatizzanti del Movimento NoTav, anche e soprattutto per reati bagatellari, trovano immancabile sbocco in processi e sentenze, mentre le decine di querele, denunce ed esposti per gli abusi compiuti dalle forze dell’ordine, anche gravemente lesivi dei diritti e dell’incolumità dei manifestanti, non sono mai giunti al vaglio di un processo», fanno sapere i promotori dell’iniziativa. Ma per Maccari è solo «cineforum di propaganda diffamatoria contro le Forze dell’Ordine» e su loro «presunti reati».
Infastidisce Maccari la presenza tra gli altri dell’ex magistrato torinese Livio Pepino, «noto per le sue posizioni di vicinanza ai manifestanti» e del senatore Luigi Manconi, presidente della commissione Diritti umani di Palazzo Madama, «per gettare fango su coloro che rischiano la propria incolumità per difendere la legalità e tutelare la sicurezza dei cittadini. L’accanimento di Manconi in tal senso è ormai patetico: siamo davvero curiosi di sapere se da piccolo sia per caso stato malmenato da qualche bambino vestito da poliziotto ad una festa di carnevale».
Per questo si chiede al Presidente del Senato di non consentire che, «in così importanti sale istituzionali, si consumi l’ennesimo vergognoso insulto a chi serve il Paese vestendo una Divisa. Da parte nostra percorreremo ogni via legale per tutelare l’onorabilità delle Forze dell’Ordine dalla propaganda falsa e gravemente diffamatoria, come quella a cui punta questo presunto documentario».
Già, l’onorabilità. Chi è il partito dell’antipolizia, quello che ne denuncia le storture in nome della Costituzione o chi ne rivendica gli abusi? Maccari è un personaggio balzato agli onori delle cronache per gli attacchi ai familiari delle vittime di “malapolizia”, da Haidi e Giuliano Giuliani (in particolare Maccari si ostina a non sapere che Carlo raccolse l’estintore solo dopo aver visto la pistola di Placanica puntata ad altezza d’uomo. Ogni anno prova a organizzare una contromanifestazione in Piazza Alimonda) fino ai genitori di Stefano Cucchi e Federico Aldrovandi, ai parenti di Giuseppe Uva e Michele Ferrulli. Al punto che a Patrizia Moretti, la mamma dell’Aldro, è apparso come un vero e proprio stalker, «un vero torturatore morale». Maccari la querelò, assieme a decine di parenti di vittime e anche giornalisti che avevano osato stigmatizzare lo stile Coisp. Ovviamente il procedimento venne archiviato. L’episodio più clamoroso fu la manifestazione di solidarietà in Piazza Savonarola, a Ferrara con i quattro autori dell’omicidio Aldrovandi, nel marzo del 2013, quasi sotto le finestre dell’ufficio di Patrizia, dipendente del Comune di Ferrara. La donna fu costretta a scendere e srotolare la gigantografia della foto di suo figlio dopo l’uccisione. Con Maccari e gli attivisti Coisp, c’era anche un senatore di Fratelli d’Italia, Alberto Balboni. Solo tre giorni fa, in una nota, Maccari è tornato all’attacco contro gli «inaccettabili accostamenti fra la morte di Giulio Regeni e quella di altre persone decedute in Italia in ben altre circostanze, come certamente è il caso di Federico Aldrovandi, che sono di gravità inaudita e, subdolamente, trasmettono il chiaro messaggio che le Forze dell’Ordine italiane torturano ed uccidono i cittadini». È successo il giorno dopo la partecipazione dei genitori di Giulio Regeni al Festival di Internazionale, con Manconi.
Lo scorso anno la mamma di Aldrovandi ha scelto di ritirare le denunce contro Maccari perché «convinta che una sentenza di condanna non potrebbe cambiare persone che, da quanto capisco, costruiscono la loro carriera sull’aggressività e sul rancore. Non ci potrà mai essere un dialogo costruttivo. Non sarà una sentenza a fare la differenza nel loro atteggiamento. Rifiuto di mantenere questo livello basato su loro bugie e provocazioni per ferirmi ancora e costringermi a rapportarmi con loro. Io ci sto male, per loro, credo di capire, è un mestiere». Maccari, però, ha chiesto la sua citazione in tribunale per comparire come testimone (succederà il 12 ottobre). Una strategia processuale che trova lo sdegno dell’avvocato di Patrizia Moretti, Fabio Anselmo, secondo il quale il fatto «si commenta da solo, perchè questa è la prova che non è certamente Patrizia che va cercando polemiche o rivalse. Nonostante la madre di Federico abbia voluto rimettere le querele nei confronti di tutti, Maccari vuole a tutti i costi questo processo, pur sapendo benissimo di poterlo fermare in qualunque momento: dovesse mettersi male per lui può accettare successivamente la remissione di querela». Facile, no?