Sofia aveva tre mesi quando mia madre è andata contro l’unico albero dell’unico rettilineo di tutta la Valdorcia. Quando mi hanno fatto entrare in rianimazione per la prima volta ho tirato dritto fino al suo letto, quasi avessi dei paraocchi. Non volevo vedere la morte. I letti erano vicini. Uno dopo l’altro, delle tende a dividerli. Aperte. Il letto a fianco mi era sembrato vuoto. Potevo guardare. Nessun piede ad avvertirmi dello spazio occupato dalla quasi morte.
Invece era occupato. Solo che era piccolo e la porzione di spazio occupato era infinitamente piccola. Non aveva due anni. Le dimensioni di un cuscino. Si chiamava Giovanni. Mia madre si chiama Giovanna. Ho pensato rapidamente, dopo aver perso il respiro e il latte, se ci fosse un conto possibile, una bilancia dove mettere dei pesi e dei medici che avessero il potere di pareggiare quei pesi, lasciate pure andare mia madre, tenete Giovanni vi prego. Tenetelo qui. Tenetelo a vivere la sua vita. Vi prego ancora.
Martedì mentre sceglievamo le immagini per illustrare questa storia di copertina dedicata alla Siria, dopo averne discusso a lungo in redazione, c’erano centinaia di Giovanni e io ho pensato a Giovanni. E a quel conto che non è mai tornato. Giovanni è morto in quei giorni. Nelle foto c’erano sguardi e sangue. C’erano morti. C’erano ospedali. C’erano corpi afflosciati, bianchi. Senza neanche più sangue. Non vi dico nulla di nuovo. Nulla che non abbiamo visto centinaia e migliaia di volte.
Perché allora occuparci di Siria questa settimana? Perché titolare Olocausto Siria? E perché, per la prima volta nella storia di questo Left, mettere una bambina con la testa fasciata e il corpo coperto di sangue a ricordarci il conflitto?
Perché la Siria non c’è più. C’è un popolo che muore, in 470mila fino ad oggi, e che fugge, sono 4.800.000 i rifugiati e 6.600.000 gli sfollati. Che muore e che fugge da più di cinque anni. Mentre l’Europa guarda e si preoccupa di chi fugge e non di chi muore, l’America si preoccupa della Russia e la Russia si preoccupa dell’America. L’avete letto tante volte? Non so. È importante ogni volta.
“Ciao Siria come stai?” si chiede Misha Iaccarino. Esiste un appello di pace credibile? C’è un Europa all’altezza? O forse è tempo di gonfiare il petto contro Putin? scrive Martino Mazzonis. Mentre non esiste più uno Stato e Aleppo viene fatta prigioniera, ci raccontano Umberto De Giovannangeli e Marco di Branco.
La parola “Olocausto” viene dal greco holòkaustos, “bruciato interamente”), un popolo bruciato interamente. Questo ci hanno detto le foto che guardavamo. Una violenza e una distruzione che parla di altre distruzioni. Si era detto “mai più”, come scrive Iaccarino, e invece siamo qui. Da cinque anni. «Ogni volta che si ignora una sofferenza si commette una violenza», dice Gino Strada. In questo caso non si ignora, si commette violenza ogni giorno da cinque anni. Olocausto. Dunque. Olocausto Siria. Perché la Siria è “bruciata interamente”. Una bambina insanguinata a guardarci, perché quel conto continua a non tornare. E a non tornare.
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