«Considero un bene che una figura con il temperamento di Donald Trump non sia alla guida del Paese». «Già, perché se fosse così, tu saresti in galera». Il tono del secondo dibattito Tv tra Hillary Clinton e Donald Trump della scorsa notte è stato questo. Un duello che non verrà ricordato come un momento alto di discussione sui destini degli Stati Uniti. Cominciato senza nemmeno una stretta di mano. Nel complesso non un bello spettacolo per un pubblico, quello Usa che, come gli altri in Occidente, ha in questo periodo storico, un pessimo rapporto con i propri eletti e il modo in cui funziona la politica. La domanda che tutti si ponevano era: come ha reagito Trump alla catastrofe provocata dall'audio delle sue stesse battute sessiste recuperate dal Washington Post da un pre-show televisivo Nbc del 2005, registrate mentre ci si apprestava a uscire dalla roulotte per cominciare le riprese? La risposta è: piuttosto male. E lo si era capito da prima che il duello andasse in onda. I novanta minuti di scontro sono stati i più violenti, duri e inutili della storia dei dibattiti. Il risultato è che Hillary Clinton ne esce rafforzata. Ancora una volta grazie alla sua capacità di gestire la situazione. Dall'altra parte un Trump migliore - nel senso della capacità di stare nel dibattito, non distrarsi - ma incapace di uscire dall'angolo nel quale è finito per essere quel che è: un miliardario megalomane che disprezza le donne, non paga le tasse e ritiene che la propria abilità sia tutto quel che serve per fare il leader della prima potenza mondiale. Prima del dibattito della scorsa notte, il candidato repubblicano si era trovato sotto il tiro incrociato dei media, della sua avversaria e dei suoi alleati e di molti, molti colleghi di partito - se così si possono chiamare i leader repubblicani a cui il miliardario newyorchese a soffiato da sotto il naso il Grand Old Party durante le primarie. E prima del dibattito aveva cominciato a replicare con la contraerea che conosce: ad esempio ritwittando Juanita Broaddrick, che nel 1999 aveva accusato Bill Clinton di stupro. Il tweet diceva: Hillary chiama le parole di Trump "orribili" quando lei vive e difende uno stupratore. Non sappiamo se quella storia sia vera e neppure se l'account sia autentico, ma era un annuncio di come sarebbe stato il tono in Tv. Un annuncio ribadito con una conferenza stampa pre-dibattito tenuta con tre donne che hanno accusato l'ex presidente democratico di molestie. Trump ha provato a far saltare il tavolo: Bengasi, i soldi presi da Wall street le 30mila email cancellate e Bill, «le mie erano chiacchiere da spogliatoio, le sue sono state azioni». Trump è riuscito tutto sommato a surfare sulla questione dell'audio, in fretta e senza impantanarsi: «Non sono fiero di quelle parole». E ha usato lo scandalo per ricordare le malefatte di Bill. Che però non è candidato alla presidenza. Trump ha anche avuto buon gioco nell'attaccare Hillary per la rivelazione fatta da wikileaks, che ha diffuso alcuni discorsi a pagamento - e pagati dalle banche - dell'ex senatrice: qui Hillary parla di commercio globale, di due verità (una pubblica e una privata) e non fa bella figura. E la sua risposta «Per far passare la legge che aboliva la schiavitù anche Lincoln ha usato due registri», è indifendibile. Trump è anche stato abile nello schivare la domanda sulle tasse: «Certo che ho usato le incongruenze del sistema per non pagare le tasse. Io faccio così e così fanno tutti i suoi donatori». Il punto, però, è che cercando di demolire l'immagine di Clinton non ha elevato la sua. Dire «Se sarò presidente creerò una commissione che indagherà sulle tue mail», dopo che una commissione d'inchiesta ha già indagato, suona solo persecutorio. E poi, alla domanda su bombardare Assad, come suggerito dal suo vice Mike Pence, ha risposto «di questo non abbiamo parlato, ma non sono d'accordo», è un disastro: i due non parlano del tema più importante di politica estera e hanno due posizioni diverse? Dal canto suo Hillary aveva diverse difficoltà e rischi. Sparare a zero contro il sessista, pericoloso, indisciplinato e non in grado di rispettare le donne e guidare il Paese? O lasciar passare il cadavere rispondendo con calma alle bordate contro Bill? Accentuare la distanza o giocare al gioco sapendo che Trump avrebbe fatto un macello e che l'unica era essere pronti a provare a rispondere a tono, sapendo tra l'altro di partire da una posizione di vantaggio? Clinton ha fatto entrambe le cose. Ha ripetuto come un mantra: quest uomo non è adatto, non è un leader, è pericoloso. E non ha perso la pazienza quando è stata attaccata sotto la cintura: «Come dice Michelle Obama, quando loro volano basso, voliamo alto».  

Bengasi, le donne, l'Islam, le mail di Clinton, le tasse di Trump. Il dibattito in 4 minuti

Intendiamoci, TheDonald era già molto nei guai prima dello scandalo relativo al suo audio. Tutti i sondaggi tranne uno che sono stati condotti dopo il primo duello Tv, indicavano come questi avesse perso terreno da prima. Clinton, che continua ad avere un seguito poco entusiasta, è avanti di almeno 4 punti (alcuni dicono 7). Non solo: nel giro di poche ore figure che non lo avevano mai sostenuto - come Jeb Bush, Cary Fiorina (che aveva sperimentato la sua volgarità sessista durante un dibattito delle primarie), John McCain lo avevano attaccato o ripudiato. Altri, compreso Mike Pence, il suo candidato vicepresidente, ne avevano duramente criticato le parole. Altri ancora, che lo avevano appoggiato sperando in una sua vittoria, erano saltati giù dalla barca che affondava. E lui ne aveva avute per quasi tutti: Grande sostegno in giro, se non fosse per la leadership del Grand Old Party, ipocriti che si muovono per interesse personale, è la sintesi della risposta di Trump. E su questo non ha torto: c'è una enorme quantità di candidati che si sono accodati e oggi sono in fuga dal candidato che hanno dichiarato di sostenere. Come se non sapessero con chi si mettevano fin dall'inizio. Per i repubblicani sarà un mese di passione - e Trump prima o poi troverà il modo di vendicarsi. Il pubblico CNN ha ritenuto che Hillary abbia vinto il duello peggiore di sempre. Anche il sondaggio YouGov dice lo stesso, ricordandoci però che c'è un divario enorme tra il parere degli uomini (tra i quali vince Trump di un soffio) e delle donne. Trump ha evitato di essere un disastro, ma non ha elevato la propria statura: attaccando come ha fatto è per certo riuscito a restituire entusiasmo alla propria base. Ma resta l'uomo che non paga le tasse e che fa battute da spogliatoio. Non esattamente la figura ideale per quel voto indipendente e moderato che dovrebbe cercare di strappare a Hillary. Ci sono tanti americani arrabbiati e disgustati dalla politica che preferiscono il populismo trumpiano all'esperienza clintoniana. Sono tanti, ma allo stato attuale sono ancora una minoranza.

«Considero un bene che una figura con il temperamento di Donald Trump non sia alla guida del Paese». «Già, perché se fosse così, tu saresti in galera». Il tono del secondo dibattito Tv tra Hillary Clinton e Donald Trump della scorsa notte è stato questo. Un duello che non verrà ricordato come un momento alto di discussione sui destini degli Stati Uniti. Cominciato senza nemmeno una stretta di mano. Nel complesso non un bello spettacolo per un pubblico, quello Usa che, come gli altri in Occidente, ha in questo periodo storico, un pessimo rapporto con i propri eletti e il modo in cui funziona la politica.

La domanda che tutti si ponevano era: come ha reagito Trump alla catastrofe provocata dall’audio delle sue stesse battute sessiste recuperate dal Washington Post da un pre-show televisivo Nbc del 2005, registrate mentre ci si apprestava a uscire dalla roulotte per cominciare le riprese? La risposta è: piuttosto male. E lo si era capito da prima che il duello andasse in onda. I novanta minuti di scontro sono stati i più violenti, duri e inutili della storia dei dibattiti. Il risultato è che Hillary Clinton ne esce rafforzata. Ancora una volta grazie alla sua capacità di gestire la situazione. Dall’altra parte un Trump migliore – nel senso della capacità di stare nel dibattito, non distrarsi – ma incapace di uscire dall’angolo nel quale è finito per essere quel che è: un miliardario megalomane che disprezza le donne, non paga le tasse e ritiene che la propria abilità sia tutto quel che serve per fare il leader della prima potenza mondiale.

Prima del dibattito della scorsa notte, il candidato repubblicano si era trovato sotto il tiro incrociato dei media, della sua avversaria e dei suoi alleati e di molti, molti colleghi di partito – se così si possono chiamare i leader repubblicani a cui il miliardario newyorchese a soffiato da sotto il naso il Grand Old Party durante le primarie. E prima del dibattito aveva cominciato a replicare con la contraerea che conosce: ad esempio ritwittando Juanita Broaddrick, che nel 1999 aveva accusato Bill Clinton di stupro. Il tweet diceva: Hillary chiama le parole di Trump “orribili” quando lei vive e difende uno stupratore. Non sappiamo se quella storia sia vera e neppure se l’account sia autentico, ma era un annuncio di come sarebbe stato il tono in Tv. Un annuncio ribadito con una conferenza stampa pre-dibattito tenuta con tre donne che hanno accusato l’ex presidente democratico di molestie.

Trump ha provato a far saltare il tavolo: Bengasi, i soldi presi da Wall street le 30mila email cancellate e Bill, «le mie erano chiacchiere da spogliatoio, le sue sono state azioni».
Trump è riuscito tutto sommato a surfare sulla questione dell’audio, in fretta e senza impantanarsi: «Non sono fiero di quelle parole». E ha usato lo scandalo per ricordare le malefatte di Bill. Che però non è candidato alla presidenza. Trump ha anche avuto buon gioco nell’attaccare Hillary per la rivelazione fatta da wikileaks, che ha diffuso alcuni discorsi a pagamento – e pagati dalle banche – dell’ex senatrice: qui Hillary parla di commercio globale, di due verità (una pubblica e una privata) e non fa bella figura. E la sua risposta «Per far passare la legge che aboliva la schiavitù anche Lincoln ha usato due registri», è indifendibile.
Trump è anche stato abile nello schivare la domanda sulle tasse: «Certo che ho usato le incongruenze del sistema per non pagare le tasse. Io faccio così e così fanno tutti i suoi donatori». Il punto, però, è che cercando di demolire l’immagine di Clinton non ha elevato la sua.
Dire «Se sarò presidente creerò una commissione che indagherà sulle tue mail», dopo che una commissione d’inchiesta ha già indagato, suona solo persecutorio. E poi, alla domanda su bombardare Assad, come suggerito dal suo vice Mike Pence, ha risposto «di questo non abbiamo parlato, ma non sono d’accordo», è un disastro: i due non parlano del tema più importante di politica estera e hanno due posizioni diverse?

Dal canto suo Hillary aveva diverse difficoltà e rischi. Sparare a zero contro il sessista, pericoloso, indisciplinato e non in grado di rispettare le donne e guidare il Paese? O lasciar passare il cadavere rispondendo con calma alle bordate contro Bill? Accentuare la distanza o giocare al gioco sapendo che Trump avrebbe fatto un macello e che l’unica era essere pronti a provare a rispondere a tono, sapendo tra l’altro di partire da una posizione di vantaggio? Clinton ha fatto entrambe le cose. Ha ripetuto come un mantra: quest uomo non è adatto, non è un leader, è pericoloso. E non ha perso la pazienza quando è stata attaccata sotto la cintura: «Come dice Michelle Obama, quando loro volano basso, voliamo alto».

 

Bengasi, le donne, l’Islam, le mail di Clinton, le tasse di Trump. Il dibattito in 4 minuti

Intendiamoci, TheDonald era già molto nei guai prima dello scandalo relativo al suo audio. Tutti i sondaggi tranne uno che sono stati condotti dopo il primo duello Tv, indicavano come questi avesse perso terreno da prima. Clinton, che continua ad avere un seguito poco entusiasta, è avanti di almeno 4 punti (alcuni dicono 7). Non solo: nel giro di poche ore figure che non lo avevano mai sostenuto – come Jeb Bush, Cary Fiorina (che aveva sperimentato la sua volgarità sessista durante un dibattito delle primarie), John McCain lo avevano attaccato o ripudiato. Altri, compreso Mike Pence, il suo candidato vicepresidente, ne avevano duramente criticato le parole. Altri ancora, che lo avevano appoggiato sperando in una sua vittoria, erano saltati giù dalla barca che affondava. E lui ne aveva avute per quasi tutti: Grande sostegno in giro, se non fosse per la leadership del Grand Old Party, ipocriti che si muovono per interesse personale, è la sintesi della risposta di Trump. E su questo non ha torto: c’è una enorme quantità di candidati che si sono accodati e oggi sono in fuga dal candidato che hanno dichiarato di sostenere. Come se non sapessero con chi si mettevano fin dall’inizio. Per i repubblicani sarà un mese di passione – e Trump prima o poi troverà il modo di vendicarsi.

Il pubblico CNN ha ritenuto che Hillary abbia vinto il duello peggiore di sempre. Anche il sondaggio YouGov dice lo stesso, ricordandoci però che c’è un divario enorme tra il parere degli uomini (tra i quali vince Trump di un soffio) e delle donne.

Trump ha evitato di essere un disastro, ma non ha elevato la propria statura: attaccando come ha fatto è per certo riuscito a restituire entusiasmo alla propria base. Ma resta l’uomo che non paga le tasse e che fa battute da spogliatoio. Non esattamente la figura ideale per quel voto indipendente e moderato che dovrebbe cercare di strappare a Hillary. Ci sono tanti americani arrabbiati e disgustati dalla politica che preferiscono il populismo trumpiano all’esperienza clintoniana. Sono tanti, ma allo stato attuale sono ancora una minoranza.