La società polacca è attraversata da una frattura profonda, culturale e generazionale. La proposta di legge sull'aborto le ha fatte esplodere. Le voci di attivisti e analisti

Varsavia – Per il momento la Czarny Protest, la protesta in nero ha ottenuto il passo indietro (non definitivo) del governo sulla legge che cancellava definitivamente il già relativo diritto all’aborto in Polonia. Ma in quel mare nero, arrabbiato e rumoroso che si è riversato nelle piazze era possibile scorgere anche qualche goccia di bianco. Accanto alla protesta delle 200 e più piazze è nato altrettanto velocemente il “Giorno Bianco”, Biały Dzień, con il quale i favorevoli alla difesa della vita dei bambini «non ancora nati», vestiti completamente di bianco, hanno inteso mostrare il proprio dissenso. «Io lunedì vado a lavorare», recitava l’hashtag della Comunità carmelitana della nuova evangelizzazione “Saliera”, che invitava a contrastare lo sciopero della Czarny protest. Preghiera individuale, ma anche mobilitazione organizzata, e perfino un appello dei sacerdoti: «Contro gli atteggiamenti anticattolici degli ambienti di sinistra e femministi chiamiamo a raccolta tutti coloro che operano il servizio liturgico. È tempo di lasciare le mura delle nostre Chiese per mostrare quanti siamo!».

La discussa proposta di legge sull’aborto porta alla luce una frattura latente. «In Polonia c’è un conflitto di valori che è andato accentuandosi negli ultimi anni», conferma la sociologa Marta Brzeżyńska-Hubert. «Da che io ricordi, dalla fine dell’epoca comunista non c’è mai stato un tale divario nella nostra società. La frattura prima correva lungo il solco dell’appartenenza politica, adesso invece la situazione si è estremizzata: da un lato a causa del disastro aereo del 2010 – in cui sono morti il presidente Lech Kaczyński, funzionari del governo, e diciotto membri del Parlamento polacco e in seguito al quale l’ala più conservatrice della destra ha preso il potere – dall’altro per il partito d’opposizione Piattaforma civica che è stato travolto da uno scandalo per corruzione dal quale non si è ancora ripreso». Gli attori sono cambiati e la dialettica fra conservatori e progressisti è uscita dal campo della politica: «La situazione è molto delicata perché mette al centro qualcosa che non si può negoziare: valori, e non interessi economici o politici. Allo stesso tempo qualsiasi scontro, anche di natura politica, si connota subito come emotivo, rendendo più difficile assumere una prospettiva diversa dalla propria. Il conflitto è esasperato ulteriormente dalle narrazioni dei nostri media, che riportano fatti radicalmente diversi a seconda dell’orientamento politico», prosegue Hubert.

Nella impossibilità di comunicare, si è giunti dunque a protestare gli uni contro gli altri. Czarny protest, infatti, non è l’unica mobilitazione del 2016: in maggio un numero dieci volte maggiore di dimostranti sfilava contro il regime illiberale del partito di maggioranza, Giustizia e Libertà.

Esiste, poi, una “terza Polonia”, poco interessata alle battaglie politiche. «Generalizzando, i polacchi tendono a non credere nella possibilità del singolo di poter cambiare qualcosa, persino a livello locale. Oppure lavorano così tanto che non hanno energie ulteriori da investire nella sfera civile che li circonda», spiega ancora Hubert. La questione dell’aborto però ha toccato ben altri nervi: non astrazioni politiche ma interferenze molto concrete, di portata letale, in una sfera estremamente privata come quella della gravidanza. «È qualcosa che ha un impatto su tutti: nonne, figlie, vecchie e nuove generazioni», dice Katerina, psicologa di Cracovia. Il movimento è eterogeneo e non interessa solo la capitale Varsavia ma «trova la sua forze nei piccoli centri» aggiunge Marta Lempart, che da Breslavia ha dato il via all’iniziativa: «Varsavia e le altre grandi città non sono molto importanti: il fatto che ci si sia mobilitati a livello locale lo è».

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