Piazza Abd Elsalam: per due giorni la piazza storica del movimento operaio italiano, quella di San Giovanni di Roma, sarà intitolata al professore egiziano venuto in Italia una quindicina di anni fa e divenuto facchino, alla Gls di Piacenza, dove è stato ucciso mentre scioperava perché anche altri suoi compagni di lavoro potessero avere il contratto a tempo indeterminato. Succederà il 21 e 22 ottobre. Domani, venerdì 21, sarà il giorno dello sciopero generale indetto da Usb, SiCobas, Usi, Adl e Unicobas e anche dalla Cub Trasporti del Lazio. Sabato 22 un corteo partirà da quella piazza per raggiungere Campo de' Fiori aperto proprio dai compagni di Abd Elsalam, scesi in massa da Piacenza già la sera prima, e dai cinque ex licenziati di Pomigliano che hanno appena vinto la causa contro Marchionne. Filo conduttore il No Sociale al referendum costituzionale. Perché ai cinque di Pomigliano sembra che il Piano Marchionne sia diventato il Piano Renzi. La Costituzione non è una questione per giuristi soltanto ma è una battaglia sociale, il quadro che racchiuderà le relazioni tra gli attori sociali. Così spiega bene chi sostiene che sia un fucile puntato contro la sanità pubblica perché i poteri di spesa saranno concentrati sul ministero dell'Economia e quelli di programmazione alle singole Regioni. E a chi canta il peana della velocità, a proposito della velocità che la "riforma" imprimerebbe alla promulgazione delle leggi, viene ribattuto che ad essere veloci dovrebbero essere le liste d'attesa della sanità. Le leggi, al contrario, devono avere il tempo di essere comprese da tutti. «E poi la legge Fornero è stata scritta e varata in 17 giorni», ha ricordato Paolo Ferrero, segretario del Prc. Ma, soprattutto, la "riforma" oggetto di referendum non può essere separata da chi l'ha imposta. Per questo il 22 ottobre sarà il No Renzi Day, una settimana prima di quando il premier proverà a sua volta a riempire Piazza del Popolo. Così hanno spiegato in una conferenza stampa i promotori del coordinamento per il No Sociale - sindacati di base, sinistra radicale (Rifondazione, Sinistra anticapitalista, Pci, Ross@ ecc...), pezzi di movimenti sociali, dai No Tav ai No Triv fino a quelli per i beni comuni come Attac o il Corto Circuito - convinti di riuscire a catalizzare molte delle energie che, in altri momenti storici, avrebbe mosso la Cgil, «la migliore Cgil, quella di Di Vittorio», dice a Left, Giorgio Cremaschi. È la prima volta che si tenta uno sciopero generale che intreccia questioni politiche e sociali senza l'impulso di Corso Italia e senza nemmeno la Fiom. «Su 27 miliardi la legge di stabilità di Renzi ne dà 20 ad aziende e banche – ha sottolineato Fabrizio Tomaselli, dell’Esecutivo nazionale USB – mentre i veri effetti del jobs act e dell’abolizione dell’articolo 18, che hanno prodotto l’aumento dei licenziamenti senza generare nuova occupazione, oggi vengono attestati anche dall’Inps. Lo sciopero generale, che Cigli Cisl Uil si guardano bene dal proclamare, è più che mai necessario». L'appello su cui sono state raccolte le adesioni è firmato da due partigiani, Lidia Menapace, nome di battaglia Bruna, e Umberto Lorenzoni, più conosciuto come comandante Eros. «Il Sì - spiega ancora Cremaschi - è il vero voto di conservazione perché lascia le cose proprio come sono ora, cristallizza le forzature compiute col Jobs Act o con la legge Fornero. Il No, secondo i promotori, potrebbe essere una scossa salutare se verrà pronunciato da chi è stufo dei governi delle banche. E a chi li accusa di essere nell'imbarazzante compagnia di Salvini e company, Cremaschi ribatte di sentirsi come i comunisti nel '44, «alleati con i ladri badogliani pur di cacciare il fascismo». Il 21 molte città saranno teatro di azioni legate allo sciopero, con picchetti, sit-in, cortei che attiveranno operai della grande industria, mondo della scuola (decostituzionalizzato dalla "Buona" scuola), braccianti, precari, disoccupati, facchini della logistica, aeroportuali e tranvieri, ciascuno con le proprie capacità di mobilitazione, con una pluralità di pratiche e linguaggi. Dalle 16 Piazza Abd Elasalam sarà luogo di assemblee sull'Europa e sulla questione costituzionale, ospiterà uno speakers-corner e, a sera, risuoneranno le note di gruppi come la Banda Bassotti e gli Assalti Frontali. Sabato, prima del corteo, alle 11, un ultimo dibattito, dal titolo "Schiavi mai", vedrà attorno al tavolo "vecchie" e "nuove" figure sociali e del mondo del lavoro. L'endorsement di Obama alle ragioni di Renzi non preoccupa affatto lo schieramento del No Sociale che, anzi, augura al premier lo stesso destino di Cameron che, con lo stesso illustre alleato (che non ha fatto mancare l'appoggio a personaggi come Erdogan), ha perso clamorosamente il referendum sulla Brexit. In realtà, l'unico parziale effetto di un simile endorsement potrebbe verificarsi sugli italiani all'estero, mentre l'uscente Obama incassa uno yes da Renzi sul Ttip in controtendenza con altri più dubbiosi partner europei.

Piazza Abd Elsalam: per due giorni la piazza storica del movimento operaio italiano, quella di San Giovanni di Roma, sarà intitolata al professore egiziano venuto in Italia una quindicina di anni fa e divenuto facchino, alla Gls di Piacenza, dove è stato ucciso mentre scioperava perché anche altri suoi compagni di lavoro potessero avere il contratto a tempo indeterminato. Succederà il 21 e 22 ottobre. Domani, venerdì 21, sarà il giorno dello sciopero generale indetto da Usb, SiCobas, Usi, Adl e Unicobas e anche dalla Cub Trasporti del Lazio. Sabato 22 un corteo partirà da quella piazza per raggiungere Campo de’ Fiori aperto proprio dai compagni di Abd Elsalam, scesi in massa da Piacenza già la sera prima, e dai cinque ex licenziati di Pomigliano che hanno appena vinto la causa contro Marchionne.

Filo conduttore il No Sociale al referendum costituzionale. Perché ai cinque di Pomigliano sembra che il Piano Marchionne sia diventato il Piano Renzi. La Costituzione non è una questione per giuristi soltanto ma è una battaglia sociale, il quadro che racchiuderà le relazioni tra gli attori sociali. Così spiega bene chi sostiene che sia un fucile puntato contro la sanità pubblica perché i poteri di spesa saranno concentrati sul ministero dell’Economia e quelli di programmazione alle singole Regioni. E a chi canta il peana della velocità, a proposito della velocità che la “riforma” imprimerebbe alla promulgazione delle leggi, viene ribattuto che ad essere veloci dovrebbero essere le liste d’attesa della sanità. Le leggi, al contrario, devono avere il tempo di essere comprese da tutti. «E poi la legge Fornero è stata scritta e varata in 17 giorni», ha ricordato Paolo Ferrero, segretario del Prc.

Ma, soprattutto, la “riforma” oggetto di referendum non può essere separata da chi l’ha imposta. Per questo il 22 ottobre sarà il No Renzi Day, una settimana prima di quando il premier proverà a sua volta a riempire Piazza del Popolo. Così hanno spiegato in una conferenza stampa i promotori del coordinamento per il No Sociale – sindacati di base, sinistra radicale (Rifondazione, Sinistra anticapitalista, Pci, Ross@ ecc…), pezzi di movimenti sociali, dai No Tav ai No Triv fino a quelli per i beni comuni come Attac o il Corto Circuito – convinti di riuscire a catalizzare molte delle energie che, in altri momenti storici, avrebbe mosso la Cgil, «la migliore Cgil, quella di Di Vittorio», dice a Left, Giorgio Cremaschi.

È la prima volta che si tenta uno sciopero generale che intreccia questioni politiche e sociali senza l’impulso di Corso Italia e senza nemmeno la Fiom. «Su 27 miliardi la legge di stabilità di Renzi ne dà 20 ad aziende e banche – ha sottolineato Fabrizio Tomaselli, dell’Esecutivo nazionale USB – mentre i veri effetti del jobs act e dell’abolizione dell’articolo 18, che hanno prodotto l’aumento dei licenziamenti senza generare nuova occupazione, oggi vengono attestati anche dall’Inps. Lo sciopero generale, che Cigli Cisl Uil si guardano bene dal proclamare, è più che mai necessario».

L’appello su cui sono state raccolte le adesioni è firmato da due partigiani, Lidia Menapace, nome di battaglia Bruna, e Umberto Lorenzoni, più conosciuto come comandante Eros. «Il Sì – spiega ancora Cremaschi – è il vero voto di conservazione perché lascia le cose proprio come sono ora, cristallizza le forzature compiute col Jobs Act o con la legge Fornero. Il No, secondo i promotori, potrebbe essere una scossa salutare se verrà pronunciato da chi è stufo dei governi delle banche. E a chi li accusa di essere nell’imbarazzante compagnia di Salvini e company, Cremaschi ribatte di sentirsi come i comunisti nel ’44, «alleati con i ladri badogliani pur di cacciare il fascismo».

Il 21 molte città saranno teatro di azioni legate allo sciopero, con picchetti, sit-in, cortei che attiveranno operai della grande industria, mondo della scuola (decostituzionalizzato dalla “Buona” scuola), braccianti, precari, disoccupati, facchini della logistica, aeroportuali e tranvieri, ciascuno con le proprie capacità di mobilitazione, con una pluralità di pratiche e linguaggi. Dalle 16 Piazza Abd Elasalam sarà luogo di assemblee sull’Europa e sulla questione costituzionale, ospiterà uno speakers-corner e, a sera, risuoneranno le note di gruppi come la Banda Bassotti e gli Assalti Frontali. Sabato, prima del corteo, alle 11, un ultimo dibattito, dal titolo “Schiavi mai”, vedrà attorno al tavolo “vecchie” e “nuove” figure sociali e del mondo del lavoro.

L’endorsement di Obama alle ragioni di Renzi non preoccupa affatto lo schieramento del No Sociale che, anzi, augura al premier lo stesso destino di Cameron che, con lo stesso illustre alleato (che non ha fatto mancare l’appoggio a personaggi come Erdogan), ha perso clamorosamente il referendum sulla Brexit. In realtà, l’unico parziale effetto di un simile endorsement potrebbe verificarsi sugli italiani all’estero, mentre l’uscente Obama incassa uno yes da Renzi sul Ttip in controtendenza con altri più dubbiosi partner europei.