Nonostante la pausa nei bombardamenti mancano le condizioni di sicurezza per il transito di convogli umanitari. Navi russe in rotta verso il Mediterraneo. L'Italia blocca l'inasprimento delle sanzioni europee verso la Russia

L’alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite ha definito l’assedio e il bombardamento di Aleppo est «crimini di proporzioni storiche» e ha accusato tutte le parti in causa di violare il diritto internazionale umanitario in Siria e di aver trasformato quella che era la più importante e popolata città siriana in un «mattatoio».

In un video discorso al Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani a Ginevra, Svizzera, il giordano Zeid Ra’ad al Hussein ha detto che i gruppi armati di opposizione stanno sparando colpi di mortaio sui quartieri di Aleppo occidentale e che «attacchi aerei indiscriminati in tutta la parte orientale della città da parte delle forze governative e la loro alleati sono responsabili per la stragrande maggioranza di vittime civili».

Al Hussein ha aggiunto che le violazioni in corso costituiscono «crimini di guerra», e «se consapevolmente commesso nell’ambito di un esteso o sistematico attacco diretto contro i civili, costituiscono crimini contro l’umanità».

Non sta funzionando del tutto neppure la pausa umanitaria proclamata martedì ed entrata in vigore giovedì scorso dalla Russia (e rinnovata per altre 48 ore) per consentire a chi vuole, ribelli che lasciano le armi dietro di sé compresi, di lasciare la città. I russi ritengono che anche alcuni ribelli sfiniti e consapevoli che la battaglia potrebbe essere arrivata alle settimane finali, potrebbero decidere di andarsene.

Nonostante il blocco dei bombardamenti, le Nazioni Unite hanno annunciato di aver cancellato i piani di evacuazione per le persone che hanno bisogno di cure mediche. I funzionari Onu sul campo hanno fatto sapere di non avere avuto abbastanza rassicurazioni sulla sicurezza dei convogli umanitari «Non possiamo iniziare l’evacuazione protetta, sicura e volontaria delle famiglie di malati e dei feriti» ha detto Jens Laerke, vice portavoce delle Nazioni Unite per gli affari umanitari.

Venerdì anche l’Unione europea ha criticato la Russia per gli attacchi su Aleppo, avvertendo che se non ci sarà uno stop, tutte le opzioni sono sul tavolo. Francia, Gran Bretagna e Germania premevano per l’inasprimento delle sanzioni contro Mosca, ma il governo italiano ha bloccato questa ipotesi, sostenendo che si trattava di un passo che avrebbe irrigidito le posizioni, mentre l’obiettivo è portare tutti a un tavolo di trattative. Sul piatto anche il fatto che in Italia c’è molto scontento per i danni prodotti dalle sanzioni imposte a un Paese che è un importante partner commerciale. Contro le sanzioni anche la Grecia e la Spagna, ma in forma meno decisa di quella italiana. Il premier italiano ha ottenuto il sostegno dell’alta rappresentante per la politica estera Mogherini.

Hollande e Merkel si erano incontrati con Putin mercoledì scorso riscontrando una sostanziale inflessibilità russa sul fronte siriano – e naturalmente ucraino. Il problema dell’Europa con la Russia è l’atteggiamento russo. Anche la Germania vorrebbe evitare confronti troppo duri, ma le bombe in Siria (così come l’hackeraggio negli Stati Uniti) segnalano una volontà di mostrare i muscoli alla quale è difficile rispondere facendo finta di nulla. Il governo italiano, che preme molto per riallacciare i rapporti economici con Mosca, riesce dunque a evitare inasprimenti ma non a produrre un cambio delle politiche proprio a causa della arroganza russa. I più duri con Mosca sono i britannici, che dopo la Brexit devono in qualche modo riaffermare la loro presenza sul fronte della diplomazia.

L’ambasciatore russo Alexey Borodavkin ha accusato la Gran Bretagna e gli altri che vorrebbero nuove sanzioni di «cercare di salvare i terroristi dai raid aerei, permettendo loro di riorganizzarsi e continuare i loro atti barbarici».

La Russia sta muovendo navi dal Mar Baltico verso le coste siriane e l’impressione è quella che Assad e Putin abbiano intenzione di spingere sull’acceleratore prima che il nuovo presidente Usa si insedi a gennaio.