Beni culturali diffusi lungo l’Appennino, un patrimonio magari poco conosciuto, ma importante. Si tratta di chiese, palazzi storici, interi borghi, musei oltre alle opere d’arte come quadri e sculture e reperti archeologici. Al crollo della chiesa di San Salvatore a Campi di Norcia, abbiamo assistito in diretta, ripreso da un operatore di Rai News 24, poi abbiamo visto il campanile di Castelsantangelo sul Nera squarciato, quello della Chiesa di Santa Maria in Via di Camerino che è crollato su un edificio vicino, centri storici feriti, come quello di Ussita dove il sindaco dice sconsolato che «Il mio paese è finito». A Matelica il palazzo comunale è inagibile, tutto il centro storico di Camerino è “zona rossa”, così come quello di Castelsantangelo, problemi anche per i musei. Il terremoto di mercoledì 26 ottobre – per fortuna senza vittime – ha provocato nuovi danni a edifici e opere d’arte, già lesionate, in alcuni casi, dopo il sisma del 24 agosto. Anzi, talvolta ha dato il colpo di grazia.
E adesso? Abbiamo parlato con gli architetti del Mibact che mercoledì sera si trovavano proprio nelle Marche, intenti a completare il loro lavoro di rilievo e stima dei danni causati dal terremoto del 24 agosto. Lavoro finito e schede pronte da consegnare. In Umbria e nel Lazio l’operazione si era già conclusa. Ebbene, adesso è tutto da rifare, ci dicono. Avevano analizzato e stimato i danni su beni immobili e mobili oggetto di circa 1500 segnalazioni nelle tre regioni colpite dal sisma d’estate.
Tutta l’unità di crisi costituita da architetti del Mibact e ingegneri strutturati della rete Reluis (rete dei laboratori universitari di ingegneria sismica) deve ricominciare da capo. Dopo però che la Protezione civile avrà concluso la fase uno, cioè la verifica dell’agibilità o meno degli edifici da parte delle persone. Perché giustamente prima si pensa all’incolumità dei cittadini e poi alla salvaguardia dei beni culturali. Tutto da rifare anche per loro.
In questa situazione di emergenza e per il momento di grande incertezza una notizia positiva e di sensibilità rispetto al patrimonio culturale: Bologna ospiterà alcuni testi autografi di Giacomo Leopardi. «Con il sindaco di Visso, Macerata, abbiamo già un rapporto, loro hanno dei testi manoscritti di Leopardi che ospitavano nel loro museo. Li ospiteremo qui a Bologna e attorno a questo daremo tutta la solidarietà che come cittadini sapremo dare», ha detto ieri il sindaco Virginio Merola. C’è anche L’Infinito tra i sei Idilli, cinque sonetti, l’Epistola al Conte Carlo Tiepoli, quattordici lettere e un commento delle rime del Petrarca (totale 27 autografi) che si trovavano custoditi nel museo di Visso, dentro il Palazzo dei Governatori, un edificio che già era stato lesionato dal terremoto del 24 agosto. Ritornano per un po’ da dove erano partiti, visto che erano stati venduti nel 1868 per quattrocento lire dal preside del liceo Galvani di Bologna all’allora sindaco di Visso.