Si può comprendere molto del presente ripercorrendo il passato. Se poi il passato ha il volto nobile segnato da una barba candida e da uno sguardo schietto come quello di Mario Rigoni Stern, allora tutto diventa più chiaro. Perché la vita dello scrittore di Asiago, autore di tanti romanzi come il celebre Il sergente nella neve è come se fosse un libro di Storia “vissuta”, oltre che una lezione di etica civile. Ora questa straordinaria esperienza umana e artistica è stata dipanata da una biografia, Mario Rigoni Stern, vita, guerre e libri (Priuli & Verlucca) scritta da Giuseppe Mendicino. Appassionato di montagna e di storia, Mendicino nella vita ricopre vertici amministrativi negli enti locali in Lombardia, ma ha anche scritto e curato saggi sulla montagna e su Rigoni Stern (Il coraggio di dire no, Einaudi), che ha conosciuto e frequentato negli ultimi anni della vita (lo scrittore è morto nel 2008). Il volume sulla biografia di Rigoni Stern ha viaggiato per mesi in librerie e festival e sabato scorso ha ricevuto il premio speciale Leggimontagna a Tolmezzo.
Giuseppe Mendicino ci racconti l’attualità di Mario Rigoni Stern. Che cosa rappresenta in questo periodo così difficile, lo scrittore che amava la montagna e che ha raccontato gli orrori della guerra?
Il suo codice di valori è assolutamente attuale. Così come il “dovere della memoria” che lui sentiva forte insieme ai suoi due grandi amici, Primo Levi e Nuto Revelli. Il dovere della memoria per lui aveva due facce: il ricordare valeva per chi non poteva più farlo perché scomparso in guerra o in prigionia, mentre dall’altra parte il dover ricordare era necessario perché certe tragedie, certi delitti, certe brutture non dovessero ripetersi. Faceva esempi molto concreti, come quello della Jugoslavia: nessuno immaginava negli anni 80 che nel decennio successivo quella terra diventasse teatro di eventi così tragici e così simili a quelli avvenuti nel secondo conflitto mondiale. E anche il dramma dell’immigrazione. Quando i nostri emigravano nessuno avrebbe immaginato che quelle giuste rimostranze perché eravamo accolti male poi si sarebbero ribaltate e ci saremmo trasformati noi in un popolo in qualche caso respingente in un modo così greve. Quegli insegnamenti della storia, quel senso della memoria di Rigoni Stern valgono ancora oggi proprio per non dimenticare ma anche per affrontare il futuro con le armi giuste della mente e della ragione.
Lo scrittore si è sempre impegnato nella sua vita, non c’era solo la montagna per lui.
No no, assolutamente. Potrebbe sembrare che vivesse in un’isola, lassù sull’altopiano di Asiago. Ma quando c’era da indignarsi per una causa giusta lui lo faceva. E citava sempre il suo amico Nuto Revelli che diceva “mi piacciono i bastian contrari” quando lottano per le cause giuste. E lui per le cause giuste si è sempre impegnato. Per la pace prima di tutto, lui che ha combattuto su tre fronti di guerra era considerato uno scrittore di pace. Quando c’era da lottare per i diritti civili, per la libertà dei popoli oppressi lui diceva che l’unica causa giusta era quella di liberarsi dall’oppressione. E naturalmente si impegnava in prima persona quando c’era da difendere la natura e l’ambiente del suo altopiano ma anche per l’ambiente in generale. Aveva fatto una bella amicizia per esempio con Luca Mercalli che fino a qualche mese fa curava in Rai una bella trasmissione purtroppo adesso cancellata dal palinsesto Rai. Era l’unico programma che in modo approfondito trattava dell’ambiente e della natura e della loro difesa e salvaguardia. Ecco, questo sarebbe stato un caso che avrebbe fatto indignare Rigoni Stern.
Da un punto di vista politico come si schierava?
Le migliori teste del nostro Paese nel dopoguerra venivano da Giustizia e Libertà. I suoi principi erano quelli. Primo Levi venne catturato mentre era in una brigata in Val d’Aosta di Giustizia e Libertà, Nuto Revelli fu comandante di una brigata di GL in pronvincia di Cuneo. Uno dei politici che Rigoni Stern stimava di più era Carlo Azeglio Ciampi. Mi diceva che Ciampi era l’uomo giusto che aveva fatto le scelte giuste al momento giusto: l’8 settembre fugge a sud e aderisce a Giustizia e libertà, entra nell’esercito del sud e risale con gli alleati. Quando ci fu l’attacco alla Banca d’Italia da parte di Sindona, Ciampi, ricordava Mario, fu uno dei pochi a difendere l’istituzione così come fu uno dei pochissimi uomini politici che partecipò ai funerali di Giorgio Ambrosoli. Apprezzava il suo rigore e l’etica del lavoro, come per Primo Levi. Un altro personaggio che stimava, era Tina Anselmi. Ho assistito a un incontro tra i due. Ero con Tina Anselmi, in un piccolo paese dolomitico e lei mi stava raccontando la sua esperienza di staffetta partigiana, quando arrivò lui con una jeep, si fermò e scese. Il loro abbraccio fu qualcosa che non dimenticherò mai.
E venendo a lei, che cosa le ha trasmesso Rigoni Stern, una passione infinita per la montagna di sicuro e poi?
Certo, io amo la montagna, pratico l’alpinismo ma poi mi piacciono gli scrittori dalla scrittura chiara, che poi piacevano anche a lui – come Hemingway, Emilio Lussu -. La sua scrittura d’altro canto è chiara, comprensibile, non ci sono ripetizioni o banalità. Pur nella chiarezza era uno scrittore con un vocabolario ricchissimo. E poi dalla sua prosa emergono aspetti di pura poesia, qualcuno ha addirittura rintracciato degli endecasillabi nelle sue pagine. E quindi anche io nel mio lavoro di segretario comunale, cerco di riprendere quella spinta alla chiarezza. Per me non sono due mondi separati lo scrivere e lavorare nella pubblica amministrazione: si tratta di scrivere in maniera chiara, comprensibile, non in burocratese, anzi, in un modo antiretorico. Perché noi viviamo in un Paese che ha sempre accomunato da un lato la retorica e la pomposità con un problema di corruzione diffusissimo, come si vede anche dagli ultimi casi collegati all’alta velocità. Quindi per me è necessaria un’etica seria sul lavoro contro una retorica barocca di cui grondano spesso certi aspetti delle nostre amministrazioni.
Certo, non si può fare una storia con i “se”, ma a proposito di chiarezza, se Rigoni Stern avesse letto l’articolo 70 della revisione costituzionale – due pagine con un lessico definito criptico anche dagli esperti – chissà cosa avrebbe detto…
È impossibile saperlo e non sarebbe neanche giusto immaginare. Però una cosa la posso dire. A lui non piacevano gli italiani disegnati da Ennio Flaiano, cioè quelli pronti sempre a correre sul carro del vincitore. Diceva ai ragazzi e lo si può leggere a pagina 11 del mio libro: “io non ho nessun messaggio da darvi, ma non fatevi ingannare. Quando eravamo giovani noi siamo stati ingannati perché c’era la dittatura e il pensiero unico”, ma anche in una democrazia, aggiungo io, con la pesantezza – per esempio – degli spot televisivi c’è davvero il rischio dell’omologazione e del conformismo. Invece bisogna avere il coraggio di dire no, che è più difficile del dire sì. Perché bisogna riflettere e ragionare con la propria testa e quindi, diceva Mario, occorre insegnare ai ragazzi a pensare in autonomia, a leggere, a farsi un’idea propria per poi decidere senza farsi condizionare da quelli che ormai sono diventati spot che ci opprimono da decenni, messaggi banali, ripetitivi. Mi fanno venire in mente una favola di Rodari.
Quale?
Quella che diceva “c’era un omino dittatore che si credeva un punto e basta. E invece era solo un punto a capo”.
Quando va a presentare il tuo libro, racconta tutto questo…
Ce ne sono tanti di spunti, soprattutto il coraggio di dire no, che ha dato il titolo al mio libro precedente con Einaudi. Quel coraggio partiva dai suoi venti mesi di prigionia. Rigoni Stern come tanti altri italiani, come mio nonno, quando gli chiesero di aderire alla Repubblica di Salò ha detto di no, preferendo fare mesi di prigionia in Germania e ha resistito. E così bisogna fare sempre, lui lo dice in quelle poche righe: “Imparate a dire no a chi vi vuol far credere che la vita sia facile. Imparate a dire no a chi vi vuol proporre delle cose che sono contro la vostra coscienza. Seguite solo la vostra voce”. Insomma, Rigoni Stern ci diceva di conservare la nostra dignità.